Storico accordo fra Vaticano e Pechino

Dopo 60 anni di silenzio qualcosa si muove: sbloccata la nomina dei vescovi con la “riammissione” nella piena comunione con Roma di 8 vescovi “ufficiali”. Parte un processo, non si è ancora al pieno accordo. Il papa invita «all’amore perdonante” per limitare le possibili reazioni negative di ambienti cattolici cinesi
AP Photo/Gregorio Borgia

Il Bollettino della Sala Stampa del Vaticano ha pubblicato in concomitanza con la partenza di papa Francesco per i Paesi Baltici alcune informazioni riguardanti la vita della Chiesa cattolica nella Repubblica popolare cinese. Non succedeva da quando i rapporti fra la Santa Sede e Pechino si erano interrotti, quasi 60 anni fa.

Le notizie, sebbene attese, fanno scalpore. Si tratta, infatti, della comunicazione riguardo alla riunione fra due delegazioni, guidate rispettivamente da mons. Antoine Camilleri, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, e il sig. Wang Chao, viceministro degli Affari esteri della Repubblica popolare cinese.

«Nel contesto di tale incontro – afferma la nota – i due rappresentanti hanno firmato un accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi», una questione che per lungo tempo aveva visto le due parti su fronti molto lontani l’uno dall’altro.

Era noto che, con la necessaria discrezione, rappresentanti delle due diplomazie erano al lavoro da lungo tempo per arrivare a una soluzione della questione, come afferma la nota ufficiale, «per trattare questioni ecclesiali di comune interesse e per promuovere ulteriori rapporti di intesa».

Si è trattato di «un lungo percorso di ponderata trattativa» che non segna, comunque, la soluzione definitiva di tutti i problemi che hanno diviso la Santa Sede dalla Repubblica popolare cinese con conseguenze dolorose per milioni di cristiani. Il protocollo firmato da entrambe le parti permette di ufficializzare decisioni importanti condivise, restando aperti a «valutazioni periodiche» riguardo all’attuazione degli accordi raggiunti.

L’accordo «tratta della nomina dei vescovi, questione di grande rilievo per la vita della Chiesa, e crea le condizioni per una più ampia collaborazione a livello bilaterale».

Il secondo comunicato, a sua volta, porta la comunicazione alla Chiesa universale e al mondo che «il Santo Padre Francesco ha deciso di riammettere nella piena comunione ecclesiale i rimanenti vescovi “ufficiali” ordinati senza mandato pontificio» e questo, sottolinea il testo, «al fine di sostenere l’annuncio del Vangelo in Cina».

Si comunicano i nomi degli otto prelati, fra i quali anche «mons. Antonio Tu Shihua, Ofm (deceduto il 4 gennaio 2017), che prima di morire aveva espresso il desiderio di essere riconciliato con la sede apostolica». La decisione, senza dubbio sofferta da molti e nei diversi contesti in cui vivono i cattolici cinesi, è animata dalla speranza «che, con le decisioni prese, si possa avviare un nuovo percorso, che consenta di superare le ferite del passato realizzando la piena comunione di tutti i cattolici cinesi».

A conferma del nuovo corso che si apre nei rapporti fra il Vaticano e Pechino arriva la terza comunicazione che annuncia la costituzione di una nuova diocesi, quella di Chengde nella divisione amministrativa di Shuangluan nella provincia di Hebei, con una popolazione di circa 25 mila cattolici.

Il valore della decisione non si limita all’erezione di una nuova diocesi, ma anche, e forse soprattutto, al fatto che papa Francesco ha posto alla guida della diocesi mons. Giuseppe Guo Jincai, segretario della Conferenza episcopale cinese (organismo non ancora riconosciuto dalla Santa Sede), uno dei sette vescovi canonicamente legittimati e riaccolti nella piena comunione con il vescovo di Roma.

In un breve commento audio, il direttore della Sala stampa, Greg Burke, spiega: «Questo non è la fine di un processo. È l’inizio. Ciò riguarda il dialogo, l’ascolto paziente da entrambe le parti, fra persone che partono da punti di vista molto differenti. L’obbiettivo di questo accordo non è politico ma pastorale, permetterà ai fedeli di avere vescovi in comunione con Roma, ma nello stesso tempo riconosciuti dalle autorità cinesi».

Non si possono negare le grandi sofferenze sopportate, in questi decenni, da migliaia di cristiani e le profonde fratture che si sono create via via anche fra comunità cattoliche.

Ancor oggi, non si possono ignorare diversità di opinione su quanto la Santa Sede e il governo cinese hanno realizzato con questo passo formale.

È in questo contesto, che chiama tutti a un profondo rispetto delle varie sensibilità, spesso frutto di decenni di dolore, che si possono apprezzare le parole che concludono la comunicazione riguardo alla legittimazione degli otto vescovi: «La comunità cattolica in Cina è chiamata a vivere in più fraterna collaborazione, per portare con rinnovato impegno l’annuncio del Vangelo. Infatti, la Chiesa esiste per testimoniare Gesù Cristo e l’amore perdonante e salvifico del Padre».

Proprio la capacità ed il coraggio del perdono possono aprire una nuova epoca, non solo per i rapporti formali fra Santa Sede e governo di Pechino, ma anche per la comunità cattolica che vive in quell’immenso Paese.

 

 

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