Spagna: come ripopolare le aree rurali svuotate?

La grande maggioranza degli spagnoli vive ormai nelle aree urbane e lo svuotamento delle campagne sta diventando un serio problema. Il Governo sta promuovendo un’iniziativa pilota rivolta ai giovani per incentivare il ritorno nella “Spagna svuotata”: mille euro al mese per chi accetta di lavorare in zone rurali.
Foto di vivanlj da Pixabay

La questione della scarsità di popolazione in grandi aree interne della Spagna diventa sempre più oggetto di attenzione. Sul 53% del territorio nazionale, infatti, risiede solo il 5% della popolazione. È da anni che il problema è motivo di studi sotto vari profili, per cercare di capire le cause e le possibili soluzioni ad una frattura tra città e campagna che sembra allargarsi sempre di più. Iniziative sporadiche per far fronte allo spopolamento dell’ambito rurale, la così detta “Spagna svuotata” (España vaciada), non sono mancate. Talvolta sono state aziende private che hanno tentato di avviare iniziative imprenditoriali per evitare la migrazione nelle città, oppure ci sono state proposte di varie istituzioni pubbliche, e non solo politiche, ma anche di università, centri studi, grandi aziende, ecc. Con risultati però sempre di scarsa portata. Le condizioni di vita nelle città esercitano da tempo una forte attrattiva soprattutto sulle fasce più anziane della popolazione, inducendo molti a lasciare la campagna.

È anche vero che in questo tempo di pandemia si è verificato un effetto di ritorno, alla ricerca di “spazi più aperti”, e molte famiglie con una seconda casa nel paese di origine o in posti di villeggiatura hanno deciso di tornare a vivere in campagna. Non si tratta però di una ritrovata passione ma piuttosto di una fuga provocata dal contagio. Cioè di una spinta alla sopravvivenza tale da rendere le persone capaci di far fronte alle molte scomodità che la vita rurale comporta. Ed è su questo punto che si stanno concentrando le misure politiche e amministrative: facilitare la vita a chi vive lontano dalle città in modo da diminuire la disuguaglianza in tema di educazione, sanità, comunicazioni, trasporti… Perché rinunciare alle comodità ed a quelli che vengono considerati “diritti acquisiti” non è facile.

L’ultima proposta in merito è di pochi giorni fa ed apparsa sui giornali in questi termini: «Mille euro al mese per chi accetta di lavorare nelle zone rurali». Si tratta di un’iniziativa del Ministero per la transizione ecologica e la sfida demografica, indicata con il nome di “Campus rurale”, che si rivolge cioè a quegli studenti universitari interessati a fare un tirocinio accademico di alcuni mesi in villaggi minacciati dallo spopolamento, una sorta di prima esperienza lavorativa. Saranno 200 i candidati che potranno accedere a questa borsa di studio, se accettano di risiedere in un comune con meno di cinquemila abitanti e in una regione diversa a quella dove si trova l’università in cui sono iscritti. L’obiettivo di questo programma, secondo le parole della ministra Teresa Ribera, è quello di incentivare legami affettivi e lavorativi e favorire la crescita economica del contesto rurale. «Dobbiamo comprendere i nostri paesi come spazi di imprenditoria, lavoro e opportunità per collegare e unire gli spazi urbani e quelli rurali».

L’iniziativa, certo, rappresenta soltanto un programma pilota che sfrutta un momento favorevole, provocato dal fatto che gli studenti universitari, costretti dalla pandemia, si sono abituati a lavorare a distanza tramite i collegamenti telematici. Ma c’è la speranza, in particolare tra quelle organizzazioni che da tempo denunciamo la scarsa attenzione verso la Spagna svuotata, che questa iniziativa possa avviare un certo cambio di tendenza. Vanessa García, portavoce di “Soria ya!”, una di queste organizzazioni, ha così commentato la proposta: «Vivere in un paese con meno di cinquemila abitanti è una decisione che pochi prendono, meno ancora se sono giovani. Se si mostrano i lati positivi e si aggiunge un posto di lavoro o una bella borsa di studio, c’è la possibilità che questi giovani decidano di restare poi nella Spagna svuotata come opzione di vita». Secondo “Soria Ya!” sono proprio i giovani «che potranno frenare lo spopolamento» di quella parte della Spagna che finora «è stata priva di servizi e strutture».

 

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