I sogni dei giovani

Un’inchiesta che Città Nuova anticipa in esclusiva si propone di conoscere meglio le questioni relative alla gioventù di oggi. L’inchiesta consegnata ai Padri sinodali per il Sinodo dei giovani che si apre oggi fornisce delle rilevanze scientifiche, utili ad alimentare la discussione con e sui giovani. 17 mila giovani parlano di se stessi. Il campione è così composto: 30 università cattoliche, 30 scuole cattoliche, 10 istituzioni non cristiane e 10 istituzioni laiche. La selezione delle istituzioni partecipanti è stata fatta tenendo conto di alcuni criteri, fra i quali la rappresentatività a livello continentale.

I giovani stessi non sanno chi sono. Non è facile catalogarli, parlarne, capirli, giudicarli. Si può accennare ad un ritratto, ad una bozza, per quanto parziale, che ci aiuti a comprenderli, ascoltarli, immedesimarsi. Un importante tentativo, una ricerca consegnata ai padri sinodali, (dal 3 al 28 ottobre 2018 si tiene a Roma il Sinodo dei vescovi dedicato al tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”), è stato fatto da un’inchiesta internazionale, promossa dalla Fondazione Gravissimum Educationis, con il sostegno della Congregazione per l’Educazione cattolica e dell’Istituto Toniolo.

Un campione, vasto, sparso per i 5 continenti di quasi 17 mila giovani, dai 16 ai 29 anni, rispondono a questioni riguardanti l’identità, i valori e le relazioni, i rapporti con il mondo e le sue istituzioni. I giovani che hanno risposto sono distribuiti su tutti i continenti e le fasce d’età, ma quasi il 70%, provengono dalle Americhe e nella quasi totalità sono studenti universitari.

Ma quali sono i sentimenti dei giovani nei confronti della vita, quali aspetti li definiscono in relazione agli altri? Se ne parla nella sezione dedicata all’identità «intesa principalmente dal punto di vista delle relazioni che si creano nell’interazione con gli altri».

La gioventù di oggi, al pari delle precedenti, è gioiosa e ottimista, ma anche preoccupata per il destino della società. Per la stragrande maggioranza, i giovani credono che la vita sia piena di significato (il 73% ha risposto “molto” o “abbastanza” piena di significato). Il 63,1% si sentono molto o abbastanza soddisfatti della propria vita attuale e il 61,8% si considerano persone molto felici. Si aggiunga che il 69,5% crede che la vita che li attende sia promettente, che riusciranno a raggiungere i propri obiettivi (68,4%) e che saranno in grado di trovare un buon lavoro (65%). Tuttavia, sono anche preoccupati per l’ampliamento del divario tra ricchi e poveri nella maggior parte delle nazioni (64,3%), per l’aumento della povertà, che è alla base della maggior parte dei conflitti nel mondo (55,4%), così come per i problemi legati alla corruzione generalizzata (63,3%).

In una lista di 10 aspetti che definiscono la loro identità, emerge che i più nominati sono la famiglia (71%), lo studio (60,6%), le amicizie (39,8%). I meno importanti: la politica (4,9%), il proprio Paese (5,4%) e la religione (19,7%). Vuol dire che si sentono definiti da ciò che gli appartiene in un ambito più circoscritto, che ha che fare più direttamente con se stessi e meno come membri di una comunità, anche religiosa.

Passando ora alla questione dei valori e delle relazioni, chi influisce maggiormente nell’educazione, negli obiettivi della vita, nella fiducia delle proprie capacità, sono ancora i genitori, molto poco gli insegnanti. Mentre sacerdoti e religiosi restano decisivi nella formazione delle convinzioni religiose e gli amici per le relazioni interpersonali. E, quella religiosa, resta la sfida più grande perché è relegata «agli ultimi posti a livello di importanza nella realizzazione di quello che desiderano essere e fare».

Se analizziamo in modo più approfondito i dati, questi indicano che i giovani non sottovalutano il ruolo della religione nella loro vita, ma la partecipazione alla Chiesa non è più fondamentale. I giovani riconoscono che la religione esercita un’influenza forte o significativa (51,6%) sugli obiettivi della loro vita, sulle loro posizioni morali (50,7%) e sulle loro azioni nella vita quotidiana (50,2%). Inoltre, queste percentuali aumentano quando gli intervistati si definiscono cattolici: il 71,5% indica che la religione influenza fortemente gli obiettivi della loro vita, il 69,2% che influenza molto le loro posizioni morali e il 68,6% che influenza molto le loro azioni nella vita quotidiana. Ciononostante, però, gli stessi giovani che si dichiarano cattolici (il 42,3%) sottolineano che partecipano raramente o non partecipano affatto (70,7%) alle attività della loro parrocchia e ancor meno (77,1%) alle attività pastorali della scuola o dell’università. Stando ai dati parrebbe che un movimento di secolarizzazione sia presente solo in Europa.

È interessante notare come le qualità e i valori di una persona più importanti siano l’onestà (79%), la tolleranza (67,8%) e la fiducia (64,2%) e le meno importanti una forte convinzione religiosa (62,6%), il benessere economico (54,4%) e forti sentimenti per il proprio Paese (54,1%).

Soltanto due obiettivi sono considerati molto importanti da oltre la metà dei giovani: la ricerca della felicità e la realizzazione di obiettivi personali contando sulle proprie forze.

Gli altri obiettivi di natura spirituale e religiosa sono considerati autoreferenziali: solo un terzo (35,7%) dei giovani, infatti, considera molto importante una maggiore vicinanza a Dio; sono ancora meno quelli che considerano importante condurre una vita spirituale (26,7%) e dare testimonianza della propria fede (22,6%).

E i progetti per i prossimi 15 anni? Trovare un buon lavoro, formare una famiglia e viaggiare per il mondo. Praticamente tutte le aree geografiche concordano nel dare priorità a questi tre obiettivi ad eccezione dell’Africa e dell’America Centrale, dove al terzo posto viene scelta l’opzione di continuare gli studi per ottenere una specializzazione.

Il livello di fiducia nelle istituzioni vede prevalere gli istituti di istruzione, seguono gli ospedali, mentre la scala di fiducia è al minimo per quanto i partiti politici e i governi nazionali.

Nei rapporti con il mondo e le sue istituzioni i giovani vedono una corruzione generalizzata dei politici, si allarga il divario tra ricchi e poveri e i governi non fanno gli interessi dei cittadini. Preoccupa il divario crescente tra ricchi e poveri, mentre la democrazia è ancora considerata la migliore forma di governo e la globalizzazione tende a essere considerata un’opportunità per tutti i Paesi e le persone.

È indicativo che più del 10% dei giovani non risponde a questa domanda. Vuol dire che un numero significativo non sembrerebbe avere un parere su questioni che si verificano nel mondo.

La ricerca sarà disponibile nei prossimi giorni nel sito della Fondazione Gravissimum Educationis

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