Slot Mob. Alleanza creativa come risposta alla disgregazione

Non esistono isole felici. La diffusione incentivata dell’azzardo rivela le fragilità di un sistema apparentemente perfetto.  Slot Mob è «un’iniziativa che non costa soldi ma impegno. Genera coesione sociale e non colpevolizza». Intervista a Paolo Nanni, comunicatore del Dipartimento dipendenze patologiche di Macerata
slot mob macerta

Il movimento Slot Mob ha una dinamica del tutto imprevedibile e non programmabile. La declinazione dell’evento è originale secondo la cultura del territorio, il tipo di richiesta di senso a cui cerca di rispondere. Sono diversi gli eventi di Slot Mob avvenuti nella provincia di Macerata. Tutti con modalità fortemente partecipativa e creativa. Ne parliamo con Paolo Nanni, responsabile del progetto di prevenzione dalle dipendenze “Stammi bene” che sta curando il progetto “All In. Finisce l'azzardo, inizia il gioco”, promosso dagli Ambiti Sociali Territoriali della provincia di Macerata .

Sono diversi, partecipati e creativi gli eventi di Slot Mob sul vostro territorio. Come è nata questa realtà?

«Il tutto parte da Silvio Minnetti, dell'associazione Agorà, spesso a Roma per le attività di partecipazione civica e politica come presidente nazionale del Movimento politico per l’unità che, conoscendo la realtà di Slot Mob fin dal suo inizio, ha pensato bene di candidare subito Macerata. Minnetti era sicuro di trovare un certo numero di associazioni pronte a raccogliere la sfida. Quel che non aveva previsto è che il comunicatore del Dipartimento dipendenze patologiche di Macerata, che era immerso insieme ad alcuni suoi colleghi nell'approfondimento del tema dell'azzardo e dei metodi di prevenzione del GAP, si imbattesse nella pagina facebook dell'iniziativa, trovandovi con molta sorpresa Macerata elencata tra le città che per prime l'avrebbero ospitata».

Quindi ?

«Si è creata una sinergia originale tra le tante messe in moto da Slot Mob, poiché mentre Silvio Minnetti metteva in moto la rete delle associazioni io ho potuto fare altrettanto con la rete di istituzioni con cui il Dipartimento già collaborava: provincia, comuni, forze dell'ordine, scuole, università, media.

Abbiamo canalizzato le diverse anime del contesto sociale creando anche una specie di effetto domino, per cui al notevole numero di associazioni e istituzioni coinvolte si aggiungeva quello dei soggetti che erano venuti a conoscenza dell'iniziativa e volevano replicarla. Alcune associazioni in particolare hanno avuto un ruolo trainante, ma tutte hanno dato un contributo, tuttora lo stanno dando, e sono veramente troppe da elencare».

Come si può spiegare questa dinamica?

 «È il desiderio o il bisogno di alleanza che ci ha reso fertili allo Slot Mob. E "desiderio" o "bisogno" sono termini che svelano come non ci sia una conquista assodata, ma, piuttosto, da raggiungere. Cioè non è scontata, non si ottiene sempre, anzi, ci vuole qualcosa che renda la sensibilità condivisa, e qui vorrei rendere merito all’idea dello Slot Mob, un'iniziativa che non costa soldi ma impegno, che ha una precisa identità e al contempo offre la possibilità a ogni territorio di farla propria. Il messaggio che veicola, inoltre, non tende a creare nemici o capri espiatori, bensì coesione sociale e un'etica del quotidiano.  

Nel maceratese e nel fermano, dove sono stati ben 6 gli Slot Mob nel 2014, ce ne siamo appassionati e l'abbiamo praticamente adottato come principale mezzo di sensibilizzazione sul gioco d'azzardo. Su quella base abbiamo poi costruito nuove e diverse iniziative, e in questo, lo devo dire, stiamo avendo un fondamentale supporto dalla nostra Regione».

Le Marche non compaiono spesso nella grande informazione eppure esprimono un tessuto sociale saldo che si associa alla bellezza e cura del paesaggio. Dove si percepiscono i segnali della cultura del possesso e dello scarto anche dentro questa che sembra un’ isola felice?

«Chi vive abbastanza a lungo nelle Marche sa che non siamo un'isola felice. Siamo una periferia, un sobborgo meno caotico e più verde della metropoli, in cui forse risulta semplice nascondere i problemi, ma tale situazione è insidiosa: se nella metropoli le derive legate al consumismo estremo diventano normali con l'assuefazione, da noi lo diventano con la negazione e l'indifferenza. Le Marche sono la regione delle piccole imprese, delle scarpe, delle cucine, diventate medie e medio grandi negli anni del boom. Tanti soldi in poco tempo, un avanzamento economico a cui non ha corrisposto un progresso culturale e sociale, favorendo processi di individualismo, ostentazione, frammentazione tipici di tanta altra Italia.

Abbiamo ancora punti di riferimento nel paesaggio, nelle università, nella cultura contadina, nell'associazionismo, ma i segnali di deriva sono potenti. Acuiti dalla crisi. Se non vogliamo guardare a droghe e alcol, che ci vedono ai vertici della nazione, possiamo proprio osservare alla diffusione dell'azzardo per avere una cartina tornasole della situazione socioeconomica: secondo la rilevazione compiuta dallo staff del nostro Dipartimento nel nostro territorio urbano ogni 300 metri in cui si passeggia si incontra un luogo in cui giocare d'azzardo, e la media si abbassa a 100 metri nei centri costieri».

Che tipo di approccio avete seguito nel campo educativo sul tema dell’azzardo con i giovani delle scuole? 

«Una approccio che definirei multidisciplinare, detto in parole semplici: le esperienze, i contributi scientifici e gli approfondimenti trasmessi dalla rete Slot Mob, e alcune attività formative specifiche, si sono condensati in un opuscolo e in un format interattivo di due ore che va dalle probabilità di vittoria, al marketing, al problema sociale. Il tema dell'azzardo è un vaso di pandora, scoperchiato il quale risulta difficile trovare la sintesi, perché tutto risulta importane e collegato: la questione della dipendenza, del gioco problematico, dell'affidare all'azzardo illusioni e risorse, il tempo oltre che il denaro, spinti da un marketing truffaldino, fronte particolarmente sfacciato del sistema dei consumi, che vende scorciatoie improprie e diseducative, anche verso i minorenni (nonostante il divieto), in un mercato divenuto il primo in Europa, terzo nel mondo, con l'accertata penetrazione della criminalità organizzata».

Come iniziate il rapporto con i più giovani ?

«Si parte dall'esperienza diretta dei ragazzi, chiedendo a loro stessi se giocano e perché giocano. Se ne trae subito che l'azzardo è vicino al loro mondo, o addirittura ne fa parte. Non si tratta solo di una sensazione raccolta sul campo, poiché grazie alla collaborazione con la locale Consulta degli studenti abbiamo realizzato uno studio su un campione di 500 studenti i cui risultati sono chiari e in linea con alcune ricerche nazionali che ho letto: l'esperienza dell’azzardo è diffusa, vissuta come normale, raramente o mai i minorenni trovano difficoltà nell'accedere all'azzardo, che sia comprare un gratta e vinci, mettere un euro in una slot o fare una scommessa sportiva. Sovente il primo gratta e vinci glielo passano i genitori, e questo la dice lunga riguardo la sfida culturale che attende chi vuole affrontare il tema dell'azzardo sia dal punto di vista della salute che dell'etica delle scelte quotidiane».  

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