Sinodo Amazzonia, grido della Terra e dei poveri

Presentato l'Instrumentum laboris, traccia per l'appuntamento di ottobre dedicato alla grande regione sudaericana come questione epocale di una reale conversione ad un' ecologia integrale in linea con l’Enciclica Laudato si’
Felipe Werneck/Ibama via AP

Sono trascorsi due anni da quando papa Francesco ha indetto il Sinodo dei vescovi per la regione Panamazzonica, che avrà luogo a Roma nel mese di ottobre 2019 sul tema “Amazzonia, nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale. «Scopo principale di questa convocazione – ha detto il papa – è individuare nuove strade per l’evangelizzazione di quella porzione del Popolo di Dio, specialmente degli indigeni, spesso dimenticati e senza la prospettiva di un avvenire sereno, anche a causa della crisi della foresta Amazzonica, polmone di capitale importanza per il nostro pianeta». L’Amazzonia è, infatti, una delle zone più vulnerabili del pianeta a causa dei cambiamenti climatici attualmente in corso.

Da pochi giorni è stato presentato l’Instrumentum laboris, che costituisce la traccia per i lavori del Sinodo. Il Documento ha lo scopo di illustrare la situazione pastorale delle Chiese locali, avviare nuovi cammini per una evangelizzazione più incisiva e proporre una riflessione sulla problematica ecologica dell’Amazzonia per promuovere un’ecologia integrale, in linea con l’Enciclica Laudato si’.

«Questo Sinodo ruota attorno alla vita: la vita del territorio amazzonico e dei suoi popoli, la vita della Chiesa, la vita del pianeta» (n. 8), si legge nell’incipit. Ci si mette in ascolto della voce dell’Amazzonia, fonte di vita, terra del “buon vivere”, la definisce il documento. La vita scorre attraverso la grande quantità di acqua e il gran numero di foreste presenti sul territorio, tuttavia essa «è minacciata dalla distruzione e dallo sfruttamento ambientale, dalla sistematica violazione dei diritti umani fondamentali della popolazione», in nome di «interessi economici e politici dei settori dominanti della società odierna, in particolare delle compagnie estrattive, spesso in connivenza, o con la permissività dei governi locali e nazionali e delle autorità tradizionali» (n. 14). A causa di tali interventi che contaminano l’acqua, anche la salute viene messa a rischio e affiorano nuove e antiche malattie.

Bisogna, quindi, porsi in ascolto del “grido della terra e dei poveri”, promuovendo un’ecologia integrale che tuteli le risorse naturali dell’Amazzonia e la vita delle popolazioni indigene, soprattutto quelle più vulnerabili: i Popoli Indigeni in Isolamento Volontario o “popoli liberi”, che si calcola siano tra i 110 e i 130.

Anche l’Amazzonia è terra di migrazioni: «è tra le regioni con la maggiore mobilità interna e internazionale in America Latina» (n. 64). A causa dello sfruttamento del territorio, le popolazioni abbandonano la vita rurale per vivere in città. Attualmente, «tra il 70% e l’80% della popolazione risiede nelle città» (n. 71), dove si trova ad affrontare problemi legati alla vita urbana: l’urbanizzazione della povertà, l’aumento della violenza e, specialmente tra i giovani, il conflitto tra la cultura tradizionale e la cultura urbana.

L’Instrumentum laboris analizza anche le problematiche legate alla famiglia, luogo della trasmissione dei valori e delle tradizioni, della lingua e dei miti. Spesso le famiglie «soffrono per la povertà, gli alloggi precari, la mancanza di lavoro, l’aumento del consumo di droghe e alcol, la discriminazione, il suicidio minorile. Inoltre, nella vita familiare manca il dialogo tra le generazioni, le tradizioni e la lingua si perdono» (n. 78). C’è bisogno, quindi, di una pastorale che accompagni e sostenga le famiglie, specialmente quelle ferite. Nel documento si chiede anche di promuovere il ruolo della donna nella società e nella Chiesa e di sostenerla quando deve affrontare, spesso da sola, situazioni di emergenza.

Si evidenzia anche la necessità di un’educazione integrale, che recuperi la saggezza e il modo di insegnare dei popoli amazzonici. La scuola ufficiale, infatti, non tenendo conto della cultura dei popoli amazzonici, ha vietato l’utilizzo delle loro lingue generando un sentimento di inferiorità. Da qui la richiesta di integrare, nell’educazione istituzionale, la cultura e la lingua degli indigeni.

Infine, un richiamo alla conversione ecologica, che richiede una conversione integrale di tutto l’essere umano – nei rapporti interpersonali e con il creato – e anche una conversione pastorale della Chiesa, chiamata ad assumere la cura della Casa Comune come parte della sua missione evangelizzatrice.

Quali sono, dunque, le speranze della Chiesa profetica in Amazzonia? «La voce profetica – si legge nel documento – implica un nuovo sguardo contemplativo capace di misericordia e di impegno» (n. 142). Una Chiesa che sia profetica cerca risposte nuove a situazioni nuove. Una Chiesa dal volto amazzonico è espressione della pluralità di popoli, culture ed ecosistemi che si trovano in quel territorio; è coinvolta nei processi di inculturazione, cioè di incarnazione del Vangelo nella pluralità delle culture umane, promuovendo un dialogo tra esse.

È una Chiesa che vive la fede attraverso una liturgia che sappia integrare sapientemente simboli e stili celebrativi delle culture indigene, tenendo conto della musica, della danza, delle lingue e degli abiti autoctoni; che valorizza il ruolo dei laici e delle donne e impari a dialogare con i giovani per superare le difficoltà di comunicazione tra le generazioni; che utilizza i mezzi di comunicazione al servizio della promozione integrale umana.

 

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