Si riapre il caso Moro?

Dopo la dichiarazioni di Enrico Rossi, un poliziotto in pensione che ha ipotizzato il coinvolgimento dei Servizi segreti deviati nel sequestro del presidente del Consiglio, la Procura di Roma potrebbe decidere di riaprire le indagini
Aldo Moro e gli agenti della scorta

Le dichiarazioni di Enrico Rossi, un poliziotto in pensione, rilasciate all’agenzia Ansa, hanno riaperto il caso Moro e in particolare hanno chiamato in causa i Servizi segreti deviati. Secondo Rossi, infatti, in via Fani a Roma, durante il rapimento, c’erano due uomini a bordo di una moto Honda, che non impedirono l’azione brigatista. Le indagini del poliziotto in questa direzione hanno subìto vari stop, nonostante prove che facevano ritenere il caso non del tutto chiuso, ma meritevole di approfondimenti.

Ora l’ex ispettore sarà chiamato dalla Procura romana per precisare queste sue dichiarazioni, che, se fondate – come altri magistrati ritengono –, potrebbero riaprire il fascicolo Moro. Abbiamo raggiunto Gianni Caso, presidente onorario della Corte di Cassazione, giudice relatore ed estensore della sentenza d’appello nel primo e più importante dei cinque processi Moro, per un commento. «Il racconto di Enrico Rossi mi sembra veridico, anche perché combacia con altre notizie e altre ricostruzioni dei fatti di via Fani, ma introduce forti elementi di novità di una eccezionale gravità, a mio parere credibili», ha dichiarato inviandoci un’intervista rilasciata qualche tempo fa ad Anna di Gioia, che spiega meglio i retroscena del caso Moro.

«Se le dichiarazioni dell'ex ispettore Rossi troveranno riscontri – e sono importanti al riguardo le indagini affidate ai magistrati della Procura della Repubblica di Roma –, allora l'opinione che ho espresso nell'intervista, secondo cui l'azione delle Brigate Rosse contro Aldo Moro non sia stata ostacolata da apparati dello Stato, troverebbe conferma, e ciò aprirebbe il sipario su scenari e responsabilità più ampi. Penso che elementi di conoscenza su tutta la vicenda del sequestro e dell'uccisione dello statista democristiano possano esserci nei "diari" di Giulio Andreotti; per cui sarebbe forse opportuno acquisirli come fonti di prova. Di questi diari si disse, subito dopo la morte dell'ex presidente del Consiglio, che erano custoditi nel caveau di una Banca».

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