Servono vere riforme e non solo tagli

Pochi formalismi, molte sollecitazioni dai primi cittadini al presidente del consiglio Letta e al capo dello Stato intervenuti nel pomeriggio di ieri. Attenzione al titolo V della Costituzione, ai rischi di centralizzazione, agli eccessi burocratici. Servono risposte per i cittadini e per le aziende, per gli anziani e per chi è senza lavoro
Renzi e Fassino

«Non si guardi più ai comuni come salvadanaio cui attingere risorse». È sembrata quest’espressione del sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi, presidente dell’Anci Toscana, il filo conduttore del pomeriggio di lavoro di sindaci e amministratori riuniti a Firenze per la prima giornata della XXX Assemblea nazionale dell’Anci, alla presenza delle più alte cariche dello Stato. Una riunione mantenutasi poco negli sterili limiti della pura formalità, delineando denunce e sollecitazioni anche molto forti. La stessa premessa del presidente della provincia Andrea Barducci, che aveva intimato di «maneggiare la Costituzione con cura e non riformarla “sbianchettando” la parola “province” dal testo», faceva capire quanto sentita fosse l’importanza di un confronto diretto tra i livelli istituzionali. Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha riassunto il suo allarme rispetto ai tagli concludendo come «non si possa annegare per Maastricht».

«I sindaci sono gli interlocutori naturali di cittadini, imprese, famiglie, anziani, disoccupati e precari. Da noi vengono per ricevere risposte. Questa consapevolezza, però, spesso non ci viene riconosciuta né dallo Stato né da certa stampa che troppo spesso identifica i comuni come centri di spesa parassitaria. Oggi chiediamo rispetto». Così si è espresso il presidente dell'Anci, Piero Fassino, in un passaggio della relazione. «In questi anni – ha spiegato Fassino –– abbiamo visto costantemente ridotte le nostre risorse e come se non bastasse le ingerenze sul ruolo dei comuni sono aumentate, come accaduto con la spending review, persecutoria nei nostri confronti. Voglio dire con chiarezza che noi la revisione della spesa la facciamo tutti i giorni. Vorrei fosse così anche per le altre parti dello Stato». Parole "aspre" e perentorie, come ha riconosciuto lo stesso Fassino: «Così come aspro è lo stato d'animo dei sindaci italiani». «Negli ultimi 12 anni – ha ricordato – abbiamo subìto continui tagli (solo dal 2007 al 2013, 16 miliardi di euro)».

Pur non mancando nel discorso del sindaco di Torino apprezzamenti sull'azione di governo, specie sulla legge di stabilità, Fassino ha toccato molteplici temi, dall'immigrazione al federalismo. «È giunto il momento – ha detto – per un tagliando sulla riforma del Titolo V rivisto nel 2001: assistiamo ad un neocentralismo regionale che insieme a quello dello Stato centrale non porta vantaggi ed efficienza, ma moltiplicazione e sovrapposizione di competenze. Bisogna invece andare verso un sistema dove a legiferare siano le Regioni e a gestire i comuni». «Occorre una vera rivoluzione – ha concluso applauditissimo –, una deregolazione  che liberi le amministrazioni centrali e locali dai troppi adempimenti che soffocano amministratori e cittadini».

«Il tema delle riforme istituzionali e costituzionali è ormai ineludibile, perché il Paese ha un bisogno drammatico di liberarsi di contraddizioni antiche e recenti» a partire da quelle istituzionali, dove «risiede una non marginale, ma pesante concausa della stagnazione e della perdita della capacità di crescere e di competere della nostra economia», gli ha fatto eco il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, presentatosi per «una partecipazione non formale ma finalizzata ad alcune considerazioni sull’attualità». Tra queste, significativa quella per cui «per difendere la prima parte della Costituzione non si può non riformarne la seconda, relativa all’ordinamento della Repubblica». «La revisione del Titolo V della Costituzione – ha ammonito – non può non collegarsi all'indispensabile superamento del bicameralismo paritario e alla nascita del nuovo Senato».

Il presidente della Repubblica ha concluso ribadendo con forza la necessità della riforma elettorale, sottolineando come «non sia ammissibile che il Parlamento naufraghi ancora nelle contrapposizioni e nell'inconcludenza». Un invito colto, nell’ultimo intervento previsto, dallo stesso presidente del Consiglio, Enrico Letta, non sbilanciatosi in annunci ma deciso nel raccomandare unità d’intenti tra livelli istituzionali chiamati a dare corpo a istanze non più eludibili.

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