Scuola pubblica: regge ancora ma è il caos

Occorrono scelte di lungo termine e, invece, il sistema scolastico deve far fronte a bruschi cambiamenti di rotta, operati dal governo di turno, che non sempre migliorano la situazione
AP Photo/Alessandra Tarantino

C’è una miope abitudine, tutta italiana, che sta distruggendo lentamente la scuola pubblica gettandola nel caos. Si tratta dell’attitudine che tutti i governi hanno a metter mano alla normativa scolastica senza prima chiedersi qual è la direzione a lungo termine in cui si vuole andare.

Seppure sia lodevole e legittima la smania di rimediare a errori e a sbavature in un campo tanto strategico come quello educativo, troppo spesso gli interventi legislativi correttivi si trasformano soltanto in caos e disorientamento se non sono parte di un progetto di più ampio respiro. Le scuole italiane, invece, sono abituate a bruschi cambiamenti di rotta, operati dal governo di turno, che non sempre migliorano la situazione ma, anzi, hanno ricadute negative su alunni, famiglie e docenti.

Prendiamo, ad esempio, la questione delicata dei vaccini, che tanto ha fatto parlare di se’ per le posizioni contrapposte che l’hanno accompagnata.  Le scuole si sono trovate a gestire una situazione complicata, che non era mai stata di loro competenza, affannandosi a diramare circolari e comunicazioni su un obbligo sancito per legge ma difficile da rispettare a causa dell’assenza di anagrafi vaccinali aggiornate e condivise tra le amministrazioni interessate. Le segreterie si sono ingolfate per controllare le dichiarazioni, convocare le famiglie, telefonare alle Asl. Ora, invece, l’obbligo sembra diventare più flessibile e circoscritto, anche se permane l’allerta su alcune patologie da attenzionare.

Un’altra bagarre normativa riguarda l’alternanza scuola-lavoro, la modalità didattica che integra lo studio teorico dei ragazzi delle scuole superiori con vere e proprie esperienze lavorative. Inserita con la Legge Moratti nel lontano 2003, l’alternanza scuola-lavoro ha subìto un lungo percorso di restyling che, da attività facoltativa, l’ha resa prima obbligatoria e poi propedeutica all’ammissione all’esame di Stato.

Anche le famigerate prove Invalsi, istituite per testare le competenze acquisite dagli alunni durante il percorso scolastico, sono una prova di quanto labile sia la prospettiva politica sulla scuola: prima raccomandate, poi obbligatorie, infine requisito d’accesso all’esame conclusivo del primo ciclo di istruzione.

E l’elenco potrebbe allungarsi all’infinito, citando le rocambolesche mutazioni di legge per regolare l’accesso all’insegnamento, la valutazione degli studenti, l’aggiornamento professionale o la valorizzazione dei docenti.

Nonostante tutto, la nostra scuola pubblica continua a stare in piedi, grazie alla faticosa dedizione giornaliera di quanti operano in un carrozzone lento e affaticato che, però, non perde la speranza di tornare al centro della discussione politica con un vero progetto di riforma che guardi lontano e stia al passo coi tempi, senza dimenticare la tradizione che nella storia assegna un posto da protagonista alla scuola italiana.

 

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