Scuola: anno nuovo, vecchi problemi

L’anno scolastico inizia per centinaia di migliaia di studenti quasi in sordina, le questioni da risolvere sono parecchie e le sigle sindacali, in ordine sparso, hanno proclamato delle giornate di sciopero già nel mese di settembre.

L’attenzione dei media si è concentrata sulla crisi di Governo scoppiata nel bel mezzo dell’estate. «Ci risiamo», affermano nel mondo della scuola: nuovo Governo, nuove indicazioni, nuove linee programmatiche, nuovi annunci sulle future politiche scolastiche, ma tutto rimane come prima. È come tentare ogni volta di comporre un puzzle in maniera confusa con i pezzi che non combaciano mai.

Se passiamo in rassegna la situazione dei dirigenti e dei docenti, si intravedono nuvole nere all’orizzonte. La sentenza del Consiglio di Stato riguardante il concorso per Dirigente scolastico 2017, fissata per il 17 ottobre 2019, è stata spostata al 12 marzo 2020 (leggi articolo su Città Nuova) anche se i nuovi dirigenti scolastici hanno preso servizio il 2 settembre, nonostante il procedimento sia ancora in corso, in quanto si avvalgono della sospensiva chiesta dal Miur sull’annullamento del concorso.

Rimane l’emergenza supplenti in tutta Italia. Secondo l’ANIEF sono quasi 200mila le cattedre che risultano ancora scoperte e per questo i posti saranno assegnati tramite la messa a disposizione, ovvero la candidatura autonoma da inviare alle scuole per i posti di supplenza. Più del 20% dei docenti infatti sono precari da nominare e mancano all’appello 20mila Ata e 2mila Dsga. Il cosiddetto “decreto salva-precari” è in bilico e ora toccherà al nuovo Governo approvarlo.

Cristallizzata anche la situazione dell’edilizia scolastica, con troppe scuole ancora fuori norma e con le strutture contenenti amianto. Secondo l’ONAOsservatorio nazionale amianto – in più di 2.000 scuole ci sono ancora strutture con l’amianto e ciò coinvolge  352.000 alunni, più 50.000 tra docenti, personale Ata e dirigenti scolastici.

Come abbiamo scritto più volte, la forbice tra Nord e Sud si va allargando sempre di più a discapito delle regioni meridionali: diminuizione degli investimenti, spopolamento, disoccupazione, mancanza nella maggior parte delle scuole del tempo pieno, accessi all’università con costi proibitivi. Per fare un esempio, per la prima fascia di reddito, le rette al Sud per l’università superano del 15,04% le tasse delle università al Nord e del 7,18% la media nazionale. Non si arresta l’emorragia dei giovani del Sud che preferiscono studiare al Nord per trovare in futuro maggiori opportunità di impiego.

Sembra senza soluzione anche la questione degli asili nido. Secondo una ricerca della Cgil un milione di bambini e bambine rimane fuori dagli asili nido, specialmente al Sud dove gli investimenti per la costruzione di nuove scuole sono fermi da troppo tempo ormai: per un bambino della Calabria i comuni stanziano solo 88 euro contro i 2.209 euro del Trentino.

Queste e altre sfide aspettano di essere affrontate da politiche che mettano davvero al centro la questione educativa. Si parte dalla scuola, vulnus cruciale, per orientarsi e aprirsi verso una società dei diritti e del contrasto alle tante povertà che attanagliano purtroppo ancora il nostro Paese.

 

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