Ritratti di padri a Venezia

Due storie sulla paternità, la prima è la vera storia di Kempton Bunton, "The Duke", un film divertente e commovente allo stesso tempo; la seconda è del nostro claudio Noce, con Pierfrancesco Favino, sull'attentato al vicequestore Alfonso Noce, padre del regista, per mano dell'organizzazione terroristica Nuclei Armati Proletari
Pierfrancesco Favino, posa con la figlia Lea per la prima del film 'Padrenostro', Venezia, 4 settembre 2020. (Photo by Joel C Ryan/Invision/AP)

La mostra di Venezia sta ingranando, con le sale un po’ più piene, molta disciplina e meno malinconia. Ma anche non troppo per l’arrivo di star grandi e piccine, spesso nostrane, neanche per la mondanità ridimensionata, e non solo per il prematuro − forse – ottimismo sulla resurrezione del nostro cinema e del “coraggio” della rassegna. Ma perché i temi fondamentali si iniziano a toccare, come quello della paternità, ovviamente con registri differenti.

The Duke dell’inglese Roger Michell racconta la storia vera di Kempton Bunton, tassista sessantenne di Newcastle, ribelle all’inefficienza governativa verso gli anziani nel 1961. Estroverso, autore autodidatta di drammi, idealista, privo della figlia e con due maschi dalle mani svelte, con una moglie realista e scorbutica – una sorprendente Helen Mirren – decide di rubare dalla National Gallery il ritratto di Goya del Duca di Wellington, un conservatore accanito. Il colpo riesce. La polizia e il governo accusano gli italiani, memori del furto della Gioconda a suo tempo, e impazziscono. La tela ce l’ha nascosta in casa il tassista, pronto a ridarla se il governo cancellerà il canone televisivo per gli anziani. Lo fa e viene arrestato.

(Foto Gian Mattia D'Alberto - LaPresse) 04-09-2020 Venezia, Jim Broadbent.
(Foto Gian Mattia D’Alberto – LaPresse)
04-09-2020 Venezia, Jim Broadbent.

La scena del processo è esilarante: l’umorismo britannico fa scintille tra battute di buon senso e di candore che ridicolizzano gli avvocati e lanciano un messaggio di solidarietà ai deboli. Ma l’uomo vuole pure salvare il matrimonio e il figlio Jack che ha rubato la tela, con lo slancio affettivo semplice dei padri. Finissimo, ben scritto, recitato da grandi come Jim Broadbent ed Helen Mirren, il film diverte e commuove con quella leggerezza inglese che non perde colpi, non scende mai di livello, e dice cose grosse quasi senza volerlo. Così ci pare. Splendido Fuori concorso.

Ed è la volta dell’Italia in concorso con Padrenostro di Claudio Noce. Negli Anni di piombo Alfonso, padre del regista che allora aveva due anni – è il 1976 – viene ferito dai terroristi, un bandito muore e anche un poliziotto. Da qui parte la trasformazione del film. Il figlio si chiama ora Valerio, 10 anni, sensibile e fantasioso, vede tutto dal terrazzo di casa, cosa che i genitori non sospettano. Invece il dolore cresce nel bambino che ha un bisogno disperato dell’amore del padre, più di quello iperprotettivo della madre. La vita della famiglia è sconvolta, i terroristi minacciano ancora, si va in Calabria a nascondersi. Valerio diventa amico di Christian, 14 anni, solitario e rozzo, che lo sveglia, gli si affeziona, scopre con lui la libertà e l’amicizia. Ma poi che il ragazzo è il figlio dell’uomo ucciso che ha attentato a suo padre. Alfonso se ne accorge e riesce a salvare Valerio dalla vendetta di Christian. Gli anni sono passati. I due, cresciuti, si rincontrano casualmente alla metropolitana. L’amicizia non è passata. Dimenticheranno insieme il passato?

Una storia rimossa quella degli anni ’70, troppo spesso dalla gente e dai politici, eppure con la quale dobbiamo fare i conti. Il regista ha il coraggio di affrontarla, miscelando i generi – commedia, poliziesco, fantastico,giovanile – con misura, dando attimi intensi di verità e di commozione. La parte migliore è il lavoro che il bambino inconsciamente fa sul padre, togliendogli la maschera del coraggioso per farne emergere l’umanità fragile, paurosa: gli insegna l’arte di essere padre. Il corpo robusto,il volto “naturale” di Pierfrancesco Favino che crede nel suo ruolo fino in fondo, la freschezza dei ragazzi, rendono il film pregevole, anche perchè privo di violenzza e di retorica, ma molto “umano”, capace di “dire” la psicologia dei più giovani senza i clichè di certo nostro cinema. Film di storia e di affetti,di terrori e di dolori non risolti, ma anche del bisogno di riconciliazione nella verità sul passato.

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