Ricordare: guardare in faccia il male

Oggi si celebra la Giornata internazionale della Memoria per le vittime della Shoah. Il Male con la maiuscola, quello collettivo, che ha portato allo sterminio del popolo ebraico, va affrontato e riconosciuto in tutte le sue connivenze. È l'unica strada che può portare alla liberazione e alla scelta di impegnare la propria vita e le risorse collettive per il Bene
Entrata del campo di concentramento di Auschwitz

Il giorno dedicato alla Memoria non è il giorno della cultura ebraica. Non è un giorno per conoscere l’ebraismo e il suo mondo affascinante, come quello di tante culture millenarie. La Giornata della Memoria è il giorno in cui ci si ferma a guardare in faccia il Male: che è violentemente esploso in mezzo a noi, ai nostri genitori, ai nostri nonni, con la Shoah.

Non è un’occasione per soffermarci a guardare il piccolo male che è dentro ognuno di noi (e che abbiamo il dovere di convertire il più possibile in bene, se non altro riconoscendolo e non riversandolo sugli altri, ma ogni giorno è buono per questo). Il giorno della Memoria è un’occasione per guardare in faccia il Male con la maiuscola, quello collettivo. Per certi versi fa pensare al cammino di Dante all’Inferno, quando, essendo sceso di grado in grado tutti i gironi, arriva a fissarne il centro: Lucifero da cui «procede ogni lutto».

L’istinto di Dante è di chiudere gli occhi, di voltare la testa dall’altra parte, di scomparire: «Divenni gelato e fioco», scrive. Ma Virgilio, la sua guida, lo invita a essere forte e fissarlo con i suoi occhi: «Or convien che di fortezza t’armi». Solo dopo avere avuto il coraggio di guardare in faccia il Male, di riconoscerlo come tale, Dante riesce a superarlo, a lasciarselo alle spalle – «conviensi dipartir da tanto male» – e iniziare la salita verso il Bene. Questa è l’essenza della Giornata della Memoria: riconoscere il Male con la maiuscola, affinché, con un processo di catarsi – di conversione – si decida di ripudiarlo, di liberarsene, e impegnare la propria vita, le risorse collettive, per il Bene. 

Oggi del male che ha generato la Shoah vengono alla luce tanti elementi, sempre conosciuti, ma sui quali non si è riflettuto abbastanza. Sono i vari aspetti di quella «zona grigia», che non è il male dei carnefici, né l’inerme bene delle vittime, ma il miscuglio bene-male delle varie forme di collaborazionismo, spesso volto decisamente a salvare egoisticamente sé stessi o a trarre vantaggio dalle disgrazie altrui, ma altre volte concepito per evitare il peggio, per ottenere il minor male possibile. Insomma, non si tratta solo di considerare la “banalità del male” – espressa nel celebre libro della Arendt sul processo della SS Adolf Eichmann – ma di guardare alla complessissima articolazione del diabolico sistema messo a punto dai nazisti che coinvolgeva nella gestione dei campi di sterminio ordinari criminali e gruppi di deportati (i cosiddetti sonderkommando), ma che si appoggiava anche sulla connivenza della popolazione civile e delle strutture amministrative statali. Spesso coinvolgendo gli organi di gestione delle comunità ebraiche, i Consigli ebraici.

A questo proposito è di sicuro interesse il film L'ultimo degli ingiusti che verrà presentato il 28 gennaio a Roma dopo aver già avuto l’anteprima mondiale all'ultimo Festival di Cannes. È un film del  regista francese Claude Lanzmann, già celebre per l’imponente documentario Shoah (10 ore e 8 minuti di film, del quale Simone De Brauvoir disse: «Vedendo lo straordinario film di Claude Lanzmann, ci accorgiamo di non aver saputo niente…»). Il film presenta e riabilita la figura del rabbino Benjamin Murmelstein, capo del Consiglio ebraico del ghetto di Theresienstadt, figura accusata di collaborazionismo ma che, secondo Lanzmann, salvò invece più di 120 mila ebrei viennesi dalla deportazione, aiutandoli a emigrare. Esplorare queste «zone grigie» aiuta a capire che il male non è solo banale, ma anche estremamente complesso e cerca sempre di mescolarsi e confondersi con il bene, per annullarlo.

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