Ricordando Borsellino, anche a Catania

La strage di via D'Amelio è stata ricordata non con una manifestazione eclatante, ma da un gruppetto di persone che hanno compiuto un passo in avanti verso la legalità, piccolo ma deciso, sfidando l'indifferenza e la paura
Manifestazione per ricordare Borsellino a Catania

Anche Catania ha voluto fare memoria della strage di via D’Amelio. L’impegno dei ragazzi di Addiopizzo, di Libera, dell’associazione Etnea Antiracket, della comunità Papa Giovanni XXIII, ha dato vita ad un appuntamento importante e significativo. Nel cortile di una scuola media del centro città, accanto alla casa circondariale, davanti ad un immenso murales con i ritratti di alcune vittime di mafia, si sono ritrovati i rappresentanti delle istituzioni e un gruppetto di cittadini. Proprio un gruppetto e nulla più.

Per questa ragione l’appuntamento è stato importante: perché Catania non vive di slanci e di manifestazioni eclatanti (come i lenzuoli bianchi appesi a Palermo subito dopo le stragi), fa fatica ad affrancarsi dall’invadenza mafiosa, non ha figure carismatiche di riferimento.

Però ci sono alcune persone che vogliono camminare a testa alta senza piegarsi, che hanno difeso le proprie aziende dal pizzo, che sanno pagare il prezzo alto richiesto a chi sa essere coerente ad ogni costo a quell’idea insopprimibile di legalità e di libertà: sono Gabriella, Michela, Dora e Giuseppe, Pino, Alfio, Rosario, sconosciuti ai più, ma ben noti al prefetto, al procuratore della Repubblica, al questore, ai comandanti dei carabinieri e della guardia di finanza perché sono spesso lì a bussare alle loro porte per denunziare, per chiedere sostegno, per accompagnare chi si vuole affrancare da un passato illegale.

È questo il punto su cui si pone l’accento: “Oggi le istituzioni ci sono e sono tutte qui. Sono con noi ogni giorno perché la storia di Catania è molto cambiata negli ultimi 20 anni. Ma i cittadini dove sono?” Questa è la domanda dei promotori rivolta tuttavia al pubblico senza acredine e senza prendere le distanze da chi non c’è.

Perché anche se pochi, intanto ci siamo e dimostriamo che siamo insieme – cittadini e istituzioni – a cercare soluzioni per i problemi immani che ci stanno davanti (non ultimo quello delle aziende in produzione che vengono confiscate alla mafia: ma i lavoratori che fine fanno?).

Questo rapporto consolidato dal tempo e dalla serietà delle persone che vi si dedicano (da tutti i versanti) danno la garanzia di una primavera sociale e civile che anche Catania merita di vivere a pieno titolo.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons