Religiose e religiosi in Lituania

Intervista a Asta Venskauskaite, superiora generale delle Ancillae Cordis Jesu e presidente dell'Unione delle superiore maggiori della Lituania
Asta Venskauskaite

In questo momento in Lituania sono presenti 33 congregazioni femminili di vita apostolica e 6 di vita contemplativa. Il numero totale delle religiose di voti temporanei e perpetui è 662. Abbiamo soltanto 14 novizie. Le congregazioni maschili di vita apostolica sono 13 (con 126 membri) e una di vita contemplativa (13 benedettini). A differenza di altre nazioni le religiose sono meno dei preti.

Viene da chiedersi: come mai in un paese tradizionalmente cattolico con 3 milioni di abitanti, dove più di 80% della popolazione si dicono cattolici, la percentuale dei consacrati è più bassa di quella in Cina oppure in Vietnam?

 
Dopo la proclamazione dell’indipendenza dalla Unione Sovietica (1991), la vita religiosa, assieme a tutta la Chiesa della Lituania, ha conosciuto una grande rinascita. I primi sette, otto anni hanno conosciuto una forte crescita numerica di vocazioni. Tanti giovani convertiti pensavano che l’unico modo per amare e servire Dio fosse diventare prete oppure entrare in convento.

Le comunità religiose non erano pronte ad accogliere persone piene di entusiasmo e di vitalità che non rientravano nel quadro tradizionale. Le comunità non avevano alcuna esperienza di vita comunitaria, perché nel periodo del regime comunista le religiose abitavano da sole, in appartamenti, erano abituate a esercitare l’apostolato senza nessun progetto comunitario. Le giovani non sempre si sono sentite a casa in questa comunità, avvertivano l’impossibilità di una realizzazione personale. Tante di quelle prime vocazioni dei primi anni di indipendenza hanno lasciato la vita religiosa.

Nel secondo decennio dopo l’indipendenza e nel terzo, appena iniziato, si nota il progressivo invecchiamento delle comunità religiose. È calato il numero dei consacrati. Le nuove vocazioni sono molto fragili, tante volte le giovani provengono da famiglie divise, sono cresciute senza uno dei genitori o soltanto con i nonni, perché i genitori sono andati a lavorare all’estero. Le giovani cercano nelle comunità religiose ciò che forse non hanno avuto a casa: sicurezza, accoglienza calda, senso di appartenenza.
 
Andiamo verso un declino della vita religiosa?
 
Ci sono anche aspetti positivi emersi in questi 22 anni dell’indipendenza. Per esempio, c’è molta più fraternità e comunione tra le congregazioni. Prima le religiose avevano addirittura paura di parlare con religiose di un’altra congregazione, tanto meno si poteva pensare a stabilire delle relazioni di amicizia. Adesso abbiamo progetti comuni di collaborazione tra religiose e religiosi di varie congregazioni. Nascono anche nuovi gruppi intercongregazionali per la condivisione  dell’esperienza di fede. Si organizzano corsi e seminari per tutti i consacrati del paese, così come ritiri spirituali di una settimana per religiose di tutte le congregazioni.

La crisi è meno avvertita dai religiosi che non conoscono la pesante eredità del periodo sovietico. Mentre le religiose hanno continuato una vita clandestina che, pur nella innegabile fedeltà, le ha costrette all’isolamento, alla chiusura e quindi alla diffidenza per poter sopravvivere, i religiosi sono stati quasi tutti espulsi o deportati. La vita religiosa maschile è quindi rinata quasi da zero ed è più libera dai condizionamenti del passato. I suoi membri sono quasi tutti giovani.
Un’altra realtà bella è la progressiva crescita della vita claustrale con monasteri tradizionali, come le Clarisse, le Carmelitane, e altri di recente fondazione. La Chiesa lituana ha bisogno di questi luoghi di contemplazione.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons