Religioni in dialogo all’Onu. Perché?

Tanti vedono le religioni come ostacoli alla pace, una sorta di residuo dei tempi passati che causano adesso un estremismo violento. Ma il mondo sarebbe davvero più pacifico senza le religioni?
Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon

Nel 2006, Madeleine Albright, segretario di Stato americano nella seconda amministrazione Clinton (1997-2001) e diplomatica di lungo corso, aveva ammesso di non ricordare fra quelli della sua generazione «alcun diplomatico USA di spicco che parlasse in profondità del ruolo della religione come fattore di influenza nel mondo». A leggerla oggi, questa affermazione sembra ormai parte di un mondo che non c’è più: quel mondo dove processi di secolarizzazione inarrestabile facevano dire a sociologi ed osservatori che la religione non avrebbe avuto alcun ruolo nella società e nella politica moderna dalla quale sarebbe scomparsa, sostituita da fenomeni secolari, razionali e scientifici.

Nei primi mesi del 2015, dobbiamo ammettere, con il politologo americano Scott Thomas, di vivere in “un mondo che non avrebbe dovuto esistere”: la religione, infatti, sta riempiendo le pagine dei giornali e le immagini dei media e l’oggi come il futuro sembrano non poter più ignorare il fatto religioso nella complessa rete di rapporti del consorzio umano.

È in questo ambito che, mi pare, debba essere collocato il dibattito tenutosi, nei giorni scorsi, presso il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. “Promozione della tolleranza e della riconciliazione: favorendo società pacifiche, accoglienti e contrastando l’estremismo violento”. Questo il titolo della riflessione voluta dal presidente Sam Kutesa, dal segretario generale Ban Ki-moon e dell’alto rappresentante dell’Alleanza delle Civiltà Nassir Abdulaziz Al-Nasser.

I quesiti sono cruciali: cosa sono le religioni nel mondo oggi? Tanti le vedono come ostacoli alla pace, residuo dei tempi passati che causano adesso un estremismo violento. Ma il mondo sarebbe davvero più pacifico senza le religioni? Il dibattito tematico si è sviluppato ad alto livello, con un intervento del segretario generale Ban Ki-moon, che, in apertura, ha proposto un comitato consultivo con i leader delle religioni, per aiutare le Nazioni Unite a trovare soluzioni per i conflitti in corso, spesso proprio tra seguaci di religioni diverse. A conferma di questa prospettiva si è iniziato con la testimonianza di 15 leader religiosi, che si sono trovati concordi sul fatto che le religioni dovrebbero aiutare a costruire la pace, superando la semplice tolleranza ed accettazione. Fra loro anche Maria Emmaus Voce, presidente del Movimento dei Focolari.

L’evento svoltosi presso il Palazzo di Vetro il 21 e 22 aprile è, senza dubbio, inedito. La novità non sta tanto nella presenza di uno o più leaders religiosi. Già gli ultimi papi si erano indirizzati all’assemblea delle Nazioni Unite con discorsi rimasti storici. Questa volta non si è trattato dell’intervento autorevole di un solo leader, riconosciuto, fra l’altro, dal mondo intero. Avere un gruppo di rappresentanti autorevoli dei milioni di persone che seguono diversi credo, è stata una conferma che il fattore religioso è ormai riconosciuto come elemento decisivo del panorama geopolitico attuale.

Quella stessa religione che, soprattutto, in Europa era stata confinata al privato nello spirito di una distinzione fra la sfera del religioso e quella dell’ambito politico ed istituzionale è rientrata pienamente nell’ambito pubblico, come elemento cruciale nei rapporti fra i Paesi e nei contesti pubblici interni delle varie nazioni. Il processo iniziato nella seconda metà del secolo scorso e diventato sempre più incalzante dopo che il fenomeno religioso aveva riconquistato la scena pubblica con l’elezione di Giovanni Paolo II e con il ritorno dell’Ayattollah Khomeini in Iran.

Il recente dibattito presso le Nazioni Unite ha, quindi, confermato un processo in corso da tempo e di cui molti non si erano ancora resi conto, ignorando che accanto al processo di secolarizzazione si era messo in moto anche un processo altrettanto importante di de-secolarizzazione.

Un secondo aspetto che fa riflettere è la presenza di una donna cristiana non strettamente collocabile come leader religioso. Maria Voce è, infatti, donna, laica e rappresentante di un movimento ecclesiale nato nell’alveo del mondo cattolico e sviluppatosi, poi, all’interno del cosmo delle diverse Chiese cristiane, delle varie religioni del mondo senza ignorare persone che non hanno un riferimento religioso. La prima caratteristica della presidente dei Focolari – l’essere donna – conferma la ricchezza della presenza del ‘genio femminile’ all’interno del mondo dei leader delle diverse religioni, che, per tradizione millenaria e in tutte le tradizioni religiose, è appannaggio pressoché totale degli uomini.

Il secondo elemento che Maria Voce ha portato sta a dire anche il ruolo che i movimenti nati nel secolo scorso come rinnovamento all’interno del mondo cristiano possono diventare preziosi veicoli di dialogo. I Focolari, come del resto anche altre realtà nate negli stessi decenni, anche se con stile e modalità diverse, hanno costruito rapporti e esperienze di dialogo e di amicizia con ebrei, musulmani, indù, buddhisti, sikhs ed altri. Spesso questi ponti sono stati gettati non solo con individui, ma con altri movimenti di rinnovamento nati in periodi pressoché contemporanei ai Focolari. Basti pensare ai buddhisti Mahayana della Rissho Korei-kai, ai seguaci afrano-americani dell’Imam W.D. Mohammad negli USA e ad alcuni movimenti gandhiani in India.

Proprio questi filoni di rinnovamento all’interno delle diverse tradizioni si sono rivelati preziosi strumenti di incontro interculturale ed interreligioso, quasi parte di un progetto che li trascende e che fa pensare per coloro che credono a qualcosa certamente non pensato solo da mente umana.

Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, che Maria Voce oggi presiede, parlando della fraternità come dell’ideale di oggi, e come frutto del dialogo fra persone di chiese e di fedi diverse, insieme a coloro che affermano di non avere un credo preciso, aveva visto proprio nei movimenti di rinnovamento religioso dei preziosi strumenti per la realizzazione di una nuova geopolitica che, come ha affermato all’ONU Maria Voce, mira a realizzare “una civiltà dell’alleanza” più che una alleanza delle civiltà. «Basta saperli individuare – aveva affermato la Lubich nel 2002 -. E questo non solo in Paesi europei, ma ormai in tutto il mondo, come tante reti che collegano i popoli, le culture e le diversità. Quasi un segno che, cominciando dal nostro Continente, il mondo potrebbe diventare una casa delle Nazioni perché esso lo è già attraverso queste realtà, pur se ancora a livello di laboratorio. Sono Movimenti moderni, sorti non solo nella Chiesa cattolica, avvolti in genere ancora nel silenzio, come tutte le cose nascenti vere e importanti, ma che esploderanno presto».

L’intervento della presidente dei Focolari, inoltre, segna anche un appuntamento importante per coloro che seguono queste spiritualità e movimenti di vita e di opinione. Non può essere giustificazione all’orgoglio e alla tentazione all’autoreferenzialità, ma deve rappresentare una sfida a rinnovare costantemente l’impegno per rispondere alle sfide e alla violenza con un «estremismo del dialogo», cioè un dialogo che richiede il massimo di coinvolgimento, «che è rischioso, esigente, sfidante, che punta a recidere le radici dell’incomprensione, della paura, del risentimento» per contribuire a far sì che i popoli si considerino parte della grande vicenda, plurale e affascinante, del cammino dell’umanità verso l’unità».

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