Reinventare la pace

Vent’anni fa Chiara Lubich riceveva il “Premio Unesco per l’educazione alla pace”. Una manifestazione nella sede parigina dell’organizzazione Onu per la culture traccia le vie di pacificazione, riconciliazione e perdono proposte dalla corrente di pensiero e azione
Unesco

Parigi è una città ancora tramortita dai fatti accaduti proprio un anno fa al Bataclan, allo Stade de France, in altri luoghi di divertimento. Tramortita, guardinga, sospettosa, ma non achevée, finita, ammazzata. La forza della cittadinanza cosciente funziona in questa metropoli simbolo di cultura, di pensiero, di organizzazione sociale, di pace anche. Di pace considerata sempre più come una necessaria partner della libertà. Pace che vuol dire fraternità: proprio una settimana fa, il quotidiano Le Parisien ha dedicato una dozzina di pagine della sua edizione domenicale proprio alla fraternità, chiedendo a un centinaio di parigini, noti e meno noti, quel che pensano del terzo risvolto della rivoluzione francese, appunto della fraternité. Un segno di un’esigenza risvegliata dai fatti di un anno fa, e poi di Nizza, di padre Jacques, di altri atti di terrorismo.

È con questo spirito, e questo timore, che i quattrocento partecipanti ascoltano, nella sede dell’Unesco, fatti di fraternità e parole che raccontano processi di pace, riconciliazione, perdono, giustizia. Occasione: il ricordo del “Premio Unesco per l’educazione alla pace” attribuito dall’organizzazione Onu a Chiara Lubich vent’anni fa. Fatti che uniscono Egitto, Brasile, Filippine, Italia, Francia, Centrafrica… Esempi colti qua e là della grande corrente di comunione e condivisione che Chiara Lubich ha saputo suscitare coi Focolari nei cinque continenti. Azioni contro l’azzardo che impoverisce milioni di famiglie, creazione di centri di promozione umana nei luoghi più sfavoriti del mondo, iniziative di pace nei Paesi arabi, azioni legislative per il diritto alla pace nelle zone amazzoniche… Cinque piste di pace vengono proposte, tra le altre possibili: educazione, economia, diritto, ecologia e arte.

Jesús Morán, copresidente dei Focolari, fa l’inventario (incompleto, ovviamente) dei luoghi di conflitto nel mondo, che sembrano riportare la storia indietro nel tempo. Ma c’è qualche segnale, nella sua opinione, che indica la progressiva umanizzazione di una congregazione sociale che è sempre più sensibile a prospettive di cooperazione, di spiritualità, riconciliazione e solidarietà. Anche i Focolari sono tra questi soggetti, con centri di condivisione e solidarietà ad Aleppo, ad Algeri, a Bangui, a Erbil… «Le ragioni della pace implicano di operare sulle cause della guerra, per la giustizia sociale… occupandosi del bene e della pace altrui per curare la propria felicità».

Maria Voce, che ha preso il posto di Chiara Lubich alla presidenza dei Focolari, nel suo messaggio, ricorda l’anniversario degli attentati del 13 novembre 2015, auspicando che si sviluppino «le difese della pace», come è scritto nella “carta” dell’Unesco. Riconosce paradossalmente un mondo più fraterno e unito, mentre il mondo è «frammentato dai conflitti che sembrano mondializzati, con violenze non convenzionali, difficili da combattere con le armi tradizionali». Cosicché «solo uno sforzo collettivo può sconfiggere quest’ondata di violenza». Sforzo non solo politico o diplomatico, ma anche della gente comune, con gesti concreti di accoglienza, giustizia, perdono, riconciliazione. È l’attenzione ai legami tra le persone, tra i gruppi sociali, religiosi, etnici – costata Maria Voce – che permette di creare dei “punti di pace locali” che cooperano alla pace universale. Riconoscersi reciprocamente, senza interessi, con progetti coraggiosi: questa la via per reinventare la pace “a pezzi”.

Da sottolieare contemporaneamente le parole di Badarch Dendev, rappresentante dell’Unesco, che sottolinea la convergenza di finalità tra il lavoro dell’istituzione Onu per la cultura e l’attività di organizzazioni come i Focolari (all’Onu rappresentata con la Ong New Humanity), che operano per la fraternità universale, che vuol dire protezione della natura, cura dei migranti, difesa dei diritti umani… Mentre mons. Francesco Follo, rappresentante permanente della Santa Sede presso l’Unesco, che ha collaborato nell’organizzazione della giornata, sottolinea come il lavoro di Chiara Lubich per la pace sia stato «un impegno di forza e perseveranza – dal messaggio di papa Francesco per l’occasione –, che cerca di costruire una famiglia umana unica». E ha aggiunto, riprendendo l’etimologia della parola “dialogo”, che la parola, il logos, non è solo informante ma anche performante, cioè è capace di trasformare la relazione stessa tra gli umani.

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