Referendum sulla cittadinanza: un tema giusto affrontato in modo divisivo

Il tema della gestione dei flussi migratori in Italia è da diversi anni al centro del dibattito politico ed è uno degli esempi lampanti della polarizzazione in atto nel Parlamento e nel Paese, una polarizzazione di posizioni che reputo non positiva, anzi dannosa.
Per questo a mio parere il referendum non è affatto lo strumento adatto per intervenire con la mannaia su una normativa articolata, delicata e fatta di pesi e contrappesi.
Cominciamo col dire che, come abbiamo già trattato in un recente articolo sulla rivista, l’Italia è il secondo Paese europeo per concessione di cittadinanze. Fenomeno probabilmente in parte dovuto anche alla legge sullo “ius sanguinis” che consentiva a cittadini stranieri con un avo italiano di richiedere la cittadinanza, e su cui è stato fatto pochi giorni fa dal governo un intervento che ritengo giusto per limitare a chi ha un nonno italiano questa possibilità.
È capitato anche a me personalmente di ricevere richieste di locazione di un appartamento per 15-20 giorni da parte di agenzie specializzate che consentivano a cittadini brasiliani, in quel caso, di soggiornare per 15 giorni in Italia ed avere poi la cittadinanza che consentiva libero accesso ai Paesi Schengen ed altre agevolazioni.
Quindi mi sento di dire che la priorità in questo momento non è l’allargamento delle maglie per ottenere la cittadinanza, tema su cui comunque è necessario un nuovo spirito di dialogo tra le forze politiche che porti a soluzioni equilibrate sia per i giovani nati in Italia da genitori immigrati che per una possibile diminuzione dei tempi per l’ottenimento della cosiddetta “naturalizzazione”.
La priorità, a parere mio ed indicata dai cittadini di molti Paesi europei tra cui l’Italia col voto democratico, è lavorare su regole e limiti all’immigrazione clandestina e strumenti efficaci per garantire il rimpatrio dei soggetti che delinquono. Che tutti a voce dicono di volere ma che si fatica a tradurre in norme e pratiche concrete.
Quindi prima ripristinare lo stato di diritto, su cui si fonda la nostra Costituzione e il patto civico che dà vita alla Repubblica, e stroncare l’orrendo e mortifero traffico di esseri umani a cui assistiamo quotidianamente. Poi si potrà anche parlare di cittadinanza.
Vero che i flussi migratori sono un fenomeno sempre esistito e di fatto inarrestabile, dall’Impero Romano in avanti, e l’integrazione è un processo in atto, ma inarrestabile non significa ingovernabile, né lasciar decidere a bande di trafficanti chi entra in Italia.
Tornando al punto iniziale, ritengo che le posizioni di molte persone ragionevoli nei due schieramenti siano meno distanti di quello che sembra, e penso che questo sia uno degli argomenti su cui il Movimento Politico per l’Unità, Umanità Nuova e la nascente Rete di Trieste se ne hanno le forze e la volontà, possano esercitarsi in un dialogo e in una parte propositiva che aiuti a superare il “muro contro muro”.
Sino a quando questo non avviene, in un clima di sincera collaborazione istituzionale, e non si paleserà la volontà di considerare il problema nel suo complesso e di affrontarne tutti gli aspetti rilevanti, personalmente non aderirò a iniziative spot come questo referendum.
Per approfondire le ragioni del Sì, leggi Referendum cittadinanza, una questione di responsabilità
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