Quella inquietudine che arriva dal paesino sul delta del Po

La barricata anti profughi eretta Gorino, nel ferrarese, esprime le nostre paure più profonde che possono essere intercettate da politiche strumentali. La necessità di capire per riscoprire il volto dell'altro 
Gorino

Non è stata la paura del terremoto a fa scendere in strada gli abitanti di Gorino, piccola frazione del comune di Goro sul delta del Po, ma l’arrivo annunciato in tempi strettissimi, dalla Prefettura, di una ventina di profughi africani da alloggiare nell’Ostello “Amore e Natura”.

 

A scendere in strada per bloccare il traffico e organizzare una cucina all’aperto per la notte, non sono state le teste rasate di qualche organizzazione estremista venuta da fuori, ma persone del posto, con tanto di bambini al seguito, come si può vedere nell’inevitabile autoscatto che il responsabile sicurezza della Lega di Ferrara  ha pubblicato su Facebook, dimostrando di saper usare bene i social media, con tanto di video in diretta della missione in soccorso della “gente” impegnata a fermare l’inizio della temuta invasione. Pescatori di vongole alle prese con problemi crescenti sul mercato ittico, a quanto riportano le analisi più accurate.

 

Sono fenomeni che parlano della nostra vita quotidiana, di una mentalità che si diffonde in una parte dell’Italia in preda ad un rancore diffuso, come lo ha descritto a suo tempo il sociologo De Rita. Ma più dell’ira, si può parlare di uno smarrimento, tanto che le interviste sul posto testimoniano un tale disagio che arriva ad accettare anche la definizione di “razzista” davanti alla semplificazione mediatica che ha bisogno di un colpevole. La paura dell'“onda nera”, come è stata descritta su Città Nuova, fa percepire donne e bambini come la chiave di entrata lacrimevole di un numero ingovernabile di disperati difficilmente integrabili in un Paese in crisi che ha difficoltà a farsi valere in Europa. Anche in Francia i sindacati di sinistra non possono negare che metà dei loro iscritti voti il partito di Le Pen.

 

A Gorino, come a Marino vicino Roma, dove un caso simile si è registrato nell’estate del 2015, c’è bisogno di qualcuno che si metta in mezzo e mostri un diverso modo di affrontare il fenomeno delle migrazioni a partire dalle prassi più giuste, senza moralismi per far emergere il meglio che esiste nelle comunità che devono essere coinvolte in questi passaggi.

 

Oltre la paura, ma interrogandosi profondamente sull’inquietudine figlia dell’impoverimento economico e di certezze che attraversa tutti. Percorsi già visti nella storia. Da non replicare.   

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