Quando il prete latita

Una qualsiasi valle di montagna, la messa che si riduce ad “assemblea domenicale in assenza di prete”. Riflessioni in margine a un fenomeno in crescita in tutt’Europa

Qualche giorno di vacanza in una località alpina, che potrebbe trovarsi in Francia, in Svizzera, in Italia, in Slovenia… Poco importa il luogo. Mi reco per tempo alla chiesa parrocchiale, un bell’esempio di architettura locale, in cui gli artigiani della valle si sono sbizzarriti nei secoli per creare le più belle opere possibili, per un luogo che era il luogo di socializzazione per eccellenza, e ciò accadde per secoli. Oggi ci saranno una trentina di persone appena, equamente ripartite tra indigeni e vacanzieri.

All’ora prefissata, le 10 e 30, un’anziana signora comunica che il prete è latitante, che non c’è, e che quindi la comunità si riunisce comunque per la preghiera domenicale. L’équipe non è il massimo della precisione liturgica, anche se è composta da persone che frequentano la chiesa da 70 anni o giù di lì. C’è molta buona volontà, le letture diventano il centro della celebrazione, il che non è poi una cattiva conseguenza dell’assenza di prete, la condivisione tra i presenti, al posto dell’omelia, è ricca e originale. Ci si sente più protagonisti.

È ormai una realtà: i preti sono pochi e così, fatalmente, le periferie patiscono della loro assenza. Non si può certo applaudire a una tale realtà “sociologica”, ma nello stesso tempo non si può fare come se non esistesse.

Così è positivo che la piccola comunità locale si dia da fare per assicurare comunque la celebrazione domenicale, anche se so che il prete che ha la responsabilità di dieci-parrocchie-dieci, tutte in montagna, non vede di buon occhio tali forme che lo privano di qualche brandello della sua autorità.

Così è positivo che si sia avviata nella valle una fase di ripensamento sul ruolo del prete, dopo che un parroco precedente era stato allontanato per presunti abusi su una ragazzina, e che un altro sacerdote che aveva assicurato i sacramenti d’estate per una trentina di anni è addirittura in carcere per abusi reali e reiterati.

Così è positivo che si rivalorizzi la centralità della parola nella celebrazione della Chiesa locale e, analogamente, quell’altra misteriosa presenza di Gesù Cristo che sta nella sua promessa: «Là dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18, 20). I teologi insegnano che non c’è solo la presenza del fondamento della nostra fede nella gerarchia o nell’eucaristia.

E così non è certo negativo che qualcuno cominci ad interrogarsi sulla necessità di ordinare sacerdote il “presbitero” del villaggio, anche sposato, senza contravvenire ad alcuna norma evangelica, visto che all’inizio della cristianità, quando la cristianità era piccola minoranza (e ci stiamo tornando) ciò era la norma.

Infine, così è positivo che i cristiani che cercano di sostituire il prete reclamino anche per essi una certa formazione teologica e liturgica, cose che non sono esclusiva dei ministri ordinati.

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