Pubblicità sull’azzardo. Ce lo chiede l’Europa?

Il consiglio dei ministri prende tempo per decidere, ma conferma di non poter introdurre il divieto assoluto di pubblicità perché sarebbe in contrasto con la normativa europea. La pubblicità è già bandita in Germania, fanno notare i 5 stelle. Quindi…
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Secondo quanto dicono i rappresentanti ufficiali del governo italiano, come il sottosegretario all’economia Baretta, esiste l’intenzione dell’esecutivo Renzi  di introdurre con la legge delega in materia fiscale il divieto assoluto di pubblicità dell’azzardo. Una norma, ovvia e quasi banale, per non incentivare una pratica che conduce alla dipendenza patologica. Purtroppo la normativa europea vigente sembra dettata dai fondamentalisti del liberismo che vedono come un peccato, da far pagare con procedure di infrazione e multe, l’ostacolo alla libera iniziativa economica delle imprese dell’azzardo. Le cose stanno davvero così?  Esisterà un ufficio legislativo pagato per dare un parere nel merito? E qualora esistesse questo impedimento normativo, dettato da un sistema sballato, si possono trovare strategie per abbatterlo? Abbiamo dieci giorni per saperlo. Nella seduta del consiglio dei ministri del 20 febbraio, non sono stati presentati i decreti attuativi dell’articolo 14 della delega fiscale relativi al sistema gioco. In questo lasso di tempo avverrà un giro di consultazione con i rappresentanti delle varie categorie della filiera che si stanno dividendo sul progetto di razionalizzazione dell’offerta dell’azzardo che verrebbe a penalizzare il comparto dei gestori delle macchinette per concentrare il giro di affari nelle mani delle società maggiori.

La macchina informativa ufficiale è già partita tanto che nei maggiori quotidiani è arrivata l’indiscrezione sulla diminuzione di 100 mila slot sulle 350/400 mila in circolazione. Una notizia fatta apposta per rassicurare l’opinione pubblica distratta dalla strategia evidente di concentrare il giro d’affari miliardario in diversi e qualificati punti specializzati a fidelizzare un’utenza ormai consolidata e da attrarre con nuove e più credibili offerte di “gioco” e intrattenimento. Sicuramente il governo dovrà stare attento a mediare tra le diverse organizzazioni imprenditoriali della filiera che possono sempre agitare lo stato di crisi per gli addetti del settore (120 mila lavoratori secondo le fonti confindustriali). La prassi per tacitare le organizzazioni no slot è quella di assicurare una dotazione di fondi per le vittime dell’azzardo e di destinare parte del prelievo per fini sociali.

Una tale impostazione, apparentemente perfetta, sta iniziando a cozzare contro la nuova coscientizzazione avviata da realtà spontanee come il movimento Slot Mob che invitano a cogliere nella questione azzardo l’aspetto più comprensibile del dominio della finanza sulla politica e la vita delle persone con la seguente mercificazione dei territori e delle relazioni umane.

I perni del ragionamento alternativo sono molto semplici. La vera dipendenza patologica è quella introdotta dall’entrate assicurate nelle casse dello Stato dal comparto dell’azzardo: otto miliardi di euro. Far dipendere anche pezzi di spesa sociale da queste entrate induce ulteriore dipendenza mentre la destinazione di fondi per la cura crea una sorta di mercato dell’indotto. Se si resta dentro questa logica di dipendenza dalle entrate provenienti dal settore, la pubblicità è necessaria e non può essere limitata. Anzi. Come previsto nei capitolati d’appalto delle concessioni statali, l’azienda “deve” destinare una quota dei propri investimenti in pubblicità per assicurare un flusso cosante di entrate. Competition is competion.

La vera svolta quando si avvia un percorso diverso di politiche economiche e industriali e cioè non bisogna sottostare al ricatto delle migliaia di occupati di un settore ipertrofizzato e incentivato. Vanno promosse, al contrario, altri tipi di attività che producono lavoro di qualità e benessere sociale invece di degrado e dipendenza (resta discriminante decidere cosa, come e per chi produrre). Sono concetti di democrazia economica che chi proviene dal sindacato, come il sottosegretario Baretta, conosce bene.

In attesa di avviare questo dibattito ampio che continua a mancare in tema di azzardo, converrà tuttavia approfondire la normativa europea per non accampare riserve che non esistono. Come riporta il senatore Giovanni Endrizzi, gruppo M5S, «la direttiva Europea 123 del 2006 (“direttiva sui servizi”) afferma che il gioco d'azzardo, per il suo potenziale impatto sulla salute e sulla sfera sociale, non è un “servizio” come gli altri e può, anzi si raccomanda che sia normato da ogni singolo Paese in modo specifico alla propria realtà, a tutela della salute e l dei consumatori.

Prova ne è che in Germania la pubblicità al gioco d'azzardo è vietata in ogni sua forma sui mezzi di comunicazione di massa».

 

 

  

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