Preoccupante disgregazione dopo il voto

Riceviamo dal professor Pier Luigi Porta, economista a Milano-Bicocca, un commento alle elezioni appena conclusesi. Attenzione alla de-relazionalizzazione della partecipazione e alla modalità di esercitare la leadership da parte dei candidati premier
Monti

È evidente il totale disorientamento politico che si regge su tre gambe: l’ampio dubbio sulla tenuta del team Bersani-Vendola con l’incapacità del Pd di diventare una forza pienamente e credibilmente riformista; il dilagare del sentimento di pura protesta; il crollo di fiducia in un Monti vittima della propria inesperienza.

Scrivo proprio nelle ore in cui un Pd forte solo sulla carta, incapace di conquistare il cuore dei cittadini, sta perdendo la presidenza della mia regione. Ma è forse Monti a diventare purtroppo l'icona dell'impasse del sistema Italia, anche se non lo ammette ed è evidente che si considera alla prima tappa di un più lungo giro. Non difetta certo di una audacia, che potrebbe inclinare pericolosamente verso la temerità. Gli errori di impostazione di Monti risalgono, su tutto l'arco della sua parabola di uomo pubblico, alla insufficiente capacità di utilizzare il suo carisma per una analisi realistica ed efficace del capitalismo contemporaneo e in particolare del sistema euro.

Nei mesi di governo egli ha sempre più acquisito l’aspetto del pastore Vergérus nella celebre pellicola di Bergman, che frusta con scientifica sistematicità il giovane Alexander e si interrompe, tra una sferzata e l’altra, solo per lodare la maturità del ragazzo: «Vedo che sei intelligente e hai capito che lo faccio per il tuo bene». Vergérus nel film non ha successo, né si guadagna l’affetto del ragazzo: questa è la vera differenza rispetto a Monti, il cui esperimento politico poteva anche diventare (e questo avrebbe coronato con esito positivo la audace scommessa del presidente Napolitano e tolto definitivamente Berlusconi dalla ribalta) interessante: dimostrare, cioè, che certe frustate restrittive in economia sono comprese (forse amate!) dalla gente come operanti nel senso della giustizia e dell’ordine sociale, così da porre le vere premesse della crescita.

L'Italia, non bisogna mai dimenticarlo, è anche il solo Paese dell'Occidente dove il sessantotto è durato vent'anni, dove cioè il ’68 ha rilasciato enormi quantità di energia disgregante che ha dilagato a lungo e innescato una frammentazione politica crescente e disastrosa, senza che il sistema riuscisse più a trovare credibili punti di aggregazione. Non è un caso che molti eroi del ’68 siano poi divenuti berlusconiani, perché Berlusconi è forse l'esito più caratteristico, anche se non l'unico, di un sistema frammentato.

In un sistema di questo tipo si può giungere a sperare che anche un Vergérus determinato possa risultare persuasivo e avere successo. Ma, appunto, il successo pro tempore naturalmente è la chiave essenziale in sede politica di breve, mentre non può certo rimediare a un’analisi più complessiva della situazione che resta gravemente difettosa. Lo stesso Monti ha poi in parte implicitamente ammesso, specie all’inizio di quest’anno 2013, di avere forse esagerato nel non distinguere adeguatamente tra riforme da un lato e restrizione (ossia tagli puri e semplici) dall'altro: quest'ultima va a tradursi in sacrifici che lacerano il tessuto produttivo e creano effetti distruttivi a catena. Troppo tardiva e troppo maldestra l'ammissione da parte sua.

Il voto lascia trasparire una disgregazione che è parente prossima di quella de-relazionalizzazione della economia e della società della quale oggi si discute anche all’interno della economia delle relazioni interpersonali: temi dei quali tratta a fondo il grande Bruni in diversi lavori (vedi L’ethos del mercato, Bruno Mondadori, 2010). Occorrono forze credibili e la credibilità deriva da una passione politica autentica. Tutto questo è oggi reso per noi difficile: non solo perché siamo un Paese facile alla disgregazione; ma diventa più difficile in questa Europa fredda, distratta, divisa e assai poco riflessiva nella quale ci tocca di vivere.

È un'Europa che ha scelto, come è noto, come suo simbolo l’inno beethoveniano alla fraternità, con quell’intensissimo “andante maestoso”, che trascina e travolge nell’ascolto, dove il coro canta a voce spiegata: «Seid umschlungen Millionen! … Brüder! Über'm Sternenzelt mu ein lieber Vater wohnen» (State uniti, milioni di esseri! … Fratelli! Oltre la volta celeste abita certo un padre amorevole). Ma purtroppo forse questo è accaduto solo per un riflesso meccanico o addirittura come frutto di una mancanza di idee.

Mi manca il tempo per una parola di speranza, che esprimo solo con la cordialità di un saluto e un general-generico invito alla fraternità.

Prof. Pier Luigi Porta

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