Povertà tra novità e speranza

Come ogni anno il rapporto traccia un profilo dei bisogni nel nostro Paese e delle possibili vie d'uscita. Sempre più italiani si rivolgono alle mense. Si parla anche di famiglia e dei paradossi del welfare
Povertà

Il titolo è sicuramente positivo e aperto alla speranza: i ripartenti. È il consueto Rapporto, edizione 2012, sulla povertà e l'esclusione sociale in Italia predisposto dalla Caritas, che mette subito in evidenza che vi sono povertà croniche e inedite, ma anche percorsi di risalita nell'attuale stagione della crisi. E proprio la crisi ha determinando la necessità di rivedere le tradizionali categorie di analisi, e soprattutto l'opportunità di un approccio comune da parte delle varie organizzazioni nazionali e locali che si occupano di povertà ed esclusione sociale. E questo al fine di prendere in carico i bisogni dei poveri che non dispongono di un proprio sindacato o di portavoci "di categoria".

Che la povertà aumenti e coinvolga sempre più persone sembra un'ovvietà, ma è bene saper cogliere appieno i segnali: negli ultimi 3 anni c'è stato un forte rialzo del numero di italiani che si sono rivolti ai centri Caritas, il 33,3 per cento del totale. Nuovi poveri sono le casalinghe (+177,8 per cento), gli anziani (+51,3 per cento) e i pensionati (+65,6 per cento). Le maggiori richieste di aiuto riguardano soprattutto povertà economica, lavoro e casa.

Il rapporto segnala come gli interventi per fornire beni materiali per la sopravvivenza, nei primi sei mesi del 2012, sono aumentati del 44,5 per cento rispetto al 2011. Secondo il rapporto, la richiesta di aiuti economici ai centri diocesani (dati 2011) è molto più diffusa tra gli italiani (20,4 per cento) rispetto a quanto accade fra gli stranieri (7,4 per cento) e questo dato la dice lunga sulla babele di pregiudizi circa l'ingerenza dei non italiani che "rubano" la scena ai nostrani. I "non italiani", invece, chiedono più lavoro (17 per cento contro 8,9 per cento italiani) e soprattutto più indirizzo (13,4 per cento contro il 3,6 per cento). Secondo i curatori del rapporto, la richiesta di sussidi economici è più alta fra gli italiani a causa dell'età media più anziana rispetto agli immigrati e alla conseguente maggiore diffusione di disabilità o altre patologie tra i nostri connazionali. A chiedere aiuto sono più le donne (53,4 per cento), i coniugati (49,9 per cento), le persone con un domicilio (83,2 per cento). Calano i disoccupati (-16,2 per cento), gli analfabeti (-58,2 per cento) e le persone senza dimora o con gravi problemi abitativi (-10,7 per cento).

Il rapporto evidenzia, ad esempio, la dispersione delle risorse su un gran numero di provvedimenti nazionali, regionali, locali, gestiti da enti e organismi di diversa natura, senza un coordinamento complessivo; l'estremo ritardo con cui vengono attivate le misure di sostegno economico, soprattutto quelle legate alla perdita del lavoro e alla perdita di autonomia psico-fisica. A tutto ciò si aggiunge anche l'estrema varietà nella definizione del livello di reddito della famiglia, necessario per poter usufruire di determinate prestazioni. Comunque reggono e aumentano i servizi per cui la Caritas è conosciuta. Infatti, secondo il rapporto sono oltre 6 milioni i pasti erogati in un anno, pari a una media di 16.514 al giorno, nelle 449 mense sparse su tutto il territorio nazionale. Sono 27.630 i volontari e 2.832 i centri di ascolto che si fanno carico di un vasto bisogno sociale di persone e famiglie, italiane e straniere. Quasi 5 mila i servizi socio-assistenziali e le attività di contrasto alla povertà realizzate dalla Chiesa in Italia e più di 3.500 i centri di distribuzione di beni primari (cibo, vestiario, etc.) nelle diocesi. Ed è interessante anche notare come le Caritas diocesane abbiano istruito 3.897 pratiche per il "Prestito della speranza", un'iniziativa anticrisi promossa da Caritas e Abi (Associazione Banche Italiane). Oltre 26 milioni di euro è la cifra complessiva richiesta e quasi 1000 i progetti anti-crisi.

Ai volontari dei centri non si chiedono più soltanto sussidi economici, beni materiali o protezione per la notte, ma anche orientamento, riqualificazione professionale, formazione e recupero della scolarità perduta. Purtroppo questo tipo di persone, che il rapporto definisce i "ripartenti", per l'età sono tagliate fuori dal mercato. L'appiattimento verso il basso della qualità del mercato del lavoro provoca il fenomeno delle "false partenze": accettare un'offerta di lavoro non determina sempre la risoluzione dai problemi, in quanto dietro un gran numero di offerte si celano situazioni di evidente sfruttamento, sotto-retribuzione, condizioni di lavoro al limite del degrado, e così via.

Il Rapporto Caritas chiede un ripensamento del sistema di welfare, nel senso di un maggiore orientamento alla famiglia. In Italia assistiamo ad un paradosso: la famiglia, pur agendo nel tessuto sociale, al pari di altri attori istituzionali, in virtù di una legittimazione che le deriva dalla tradizione e dal milieu socioculturale tipico del nostro Paese, è oggetto di scarsa attenzione da parte delle politiche pubbliche». Un significativo passo in questa direzione è stata la delibera da parte del Consiglio dei ministri, nello scorso giugno, del primo Piano nazionale per la famiglia, pur nella realistica consapevolezza della natura ancora prettamente dichiarativa della piattaforma, dati i vincoli di spesa introdotti dalla spending review.

Quindi i punti di crisi sono evidenti e forti, ma vi sono ancora energie residue e staminali che possono far guardare al futuro con un carico di nuvole minore delle previsioni. Ovviamente nella declinazione delle responsabilità sono tante le realtà che devono rispondere, ma è pur sempre vero che la risposta della comunità a tutti i livelli, e che coinvolge ciascuno, è quella più ricca di significato e di adeguatezza.

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