Poveri Cip e Ciop!

Chi controlla i controllori? Una riflessione su quanto recentemente accaduto a Pistoia.
cip e ciop

Una gran brutta storia. I fatti di Pistoia e del suo asilo nido aprono ancora una volta scenari inquietanti sulla scarsa sensibilità verso l’infanzia. Ma l’emotività e il facile giustizialismo non servono, anche perché abbiamo sufficiente esperienza per valutare che “passata la tempesta gli augelli fan festa”, cioè le cose tornano nella quotidiana normalità e non si risolve granché.

 

Chi ha un po’ di esperienza sa bene che i controlli sulle strutture (asili, scuole, mense, case di riposo, eccetera) si focalizzano molto su aspetti igienico-sanitari, strutturali e amministrativi. Ed occorrono, quanto occorrono! Poi è bene non farsi incantare dagli slogan: la nostra struttura è certificata per la qualità. Infatti è bene sapere che le certificazioni di qualità, per quanto importanti, riguardano le procedure, non il “prodotto”. E nel nostro caso il prodotto è la relazionalità, l’educazione. Quindi i controlli sulle persone che governano la presa in carico, le mansioni di cura, l’educazione non sono meticolosi.

 

Nell’asilo le educatrici sono coloro che si occupano in prima persona dei bambini: li inseriscono, si occupano del loro benessere fisico e favoriscono la loro crescita integrale proponendo esperienze ludiche consone all’età e alle linee di sviluppo dei piccoli. Considerato il delicatissimo ruolo che hanno nei confronti dei bambini, le educatrici devono possedere alcune caratteristiche particolari. Oltre a possedere un titolo di studio adeguato,devono infatti essere:

 

         motivate al lavoro con i piccoli: si tratta di un lavoro molto fisico e relazionale

         responsabili nei confronti dei bambini che vengono assegnati loro

         positive e allegre, poiché in tal modo trasmettono gioia e fiducia ai bambini

         ricche di valori umani, poiché si educa con il proprio essere più che con le parole

         essere emotivamente equilibrate

         considerare ogni bambino importante e farlo sentire amato, evitando preferenze

         rassicurare il bambino nelle eventuali situazioni di difficoltà emotiva, rafforzandolo e conferendogli sicurezza (ad  esempio nel momento del distacco dalla figura familiare)

         favorire l’acquisizione dell’autonomia sostenendo ciascun bambino nelle conquiste

         soddisfare i bisogni di ciascuno dal punto di vista fisico, emotivo, ludico e di apprendimento

         favorire i rapporti positivi con gli altri bambini

         favorire l’acquisizione di semplici regole che governano la vita al nido, man mano che i bambini crescono.

 

Quante di queste realtà sono scandagliate e valutate nei controlli da parte degli organi competenti (comune in testa)?

 

L’affermazione della maestra indagata di Pistoia: «Scusatemi sono malata» è ancora più paradossale. Chi se ne doveva accorgere? Sicuramente gli enti locali che stipulano convenzioni o gestiscono direttamente le strutture. Ma la famiglia è chiamata in prima persona a sentirsi parte indispensabile del controllo della gestione della vita che la riguarda; deve tornare ad essere soggetto sociale e “politico”. Non basta superare le lista d’attesa, occorre esserci per non far accadere queste brutte storie.

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