Più Europa, non meno Europa

Sembra essere questa la parola d'ordine emersa dalla terza giornata di studio del Partito Popolare Europeo a Palermo.
Viviane Reding

Ultima mattinata per le “giornate di studio del PPE” a Palermo. Forse tre tavole rotonde hanno rischiato di minimizzare talune discussioni importanti, come quelle sull’ambiente e sull’energia. Cercheremo, senza mortificare niente, di dare conto di tutto quel che è accaduto.

 

È proseguita la discussione di ieri sulla “cooperazione giudiziaria e lotta alla criminalità organizzata, al riciclaggio e al narcotraffico”, insieme con la commissaria per la Giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza, Viviane Reding, e con il ministro italiano degli Affari esteri, Franco Frattini. La Reding ha posto l’accento sul fatto che è una priorità politica per l’Europa non solo la lotta alla criminalità organizzata, ma anche l’attenzione alle vittime, affinché l’Unione europea sia davvero una spazio di democrazia ma anche di giustizia. Un’attenzione anche al narcotraffico: «Ogni ora – dice infatti la Reding – un cittadino europeo muore a causa della droga». Ed anche in questo campo bisogna giungere alla confisca dei beni dei narcotrafficanti, e sopratutto alla cooperazione giudiziaria attraverso accordi di estradizione con Paesi terzi.

 

Il Ministro Frattini, che aveva partecipato il giorno prima al “gruppo di contatto sulla crisi libica”, riporta il ragionamento sulla “primavera del mediterrano” che ci costringe a ripensare il concetto di sicurezza. Fino ad oggi il Mediterraneo era visto come la zona in cui bisognava mantenere a tutti una costi una stabilità che ci garantiva contro l’immigrazione clandestina e il terrorismo. «Oggi – dice Frattini – Mediterraneo vuol dire aiutare quest’area a far crescere la libertà, la dignità e la democrazia». Per entrare ancora più nel vivo delle questioni di questi giorni, c’è da chiedersi: come garantire sicurezza e stabilità, realizzandole con riferimento alla libertà e ai diritti? «Abbiamo spesso chiuso gli occhi – confessa Frattini – a spesa della democrazia e della libertà di milioni di persone… Dobbiamo recuperare il tempo che abbiamo perduto e renderci conto che la vera stabilità nell’area del Mediterraneo si regge sulla reale democrazia». Il vento della “primavera araba” , di questi tantissimi giovani che chiedono la libertà per loro e non contro altri, potrebbe positivamente influenzare il dibattito nella nostra “vecchia” Europa. Cosi mi sembra di cogliere in questi giorni.

 

Ma andiamo veloci sulle altre questioni sollevate. Il nostro ministro per l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, insieme con il docente dell’Università di Palermo prof. Pitruzzella, ha insistito sul fatto che la sfida di questo secolo è la risorsa dell’acqua. Qualunque tentativo di trovare soluzioni al problema, anche a livello europeo, rimanda al tema della governance e delle risorse economiche. Il successivo panel sulla “Strategia nel settore energia”,con la partecipazione di Gunther Hoettinger, commissario europeo responsabile per l’energia, Youcef Yousfi, ministro algerino per l’energia e le miniere, l’eurodeputato Peter Liese e Antonio Tajani, vice presidente della Commissione europea e responsabile per l’Industria e l’Imprenditoria, ha rischiato di essere schiacciato tra mille cose da fare nella mattinata. Ma anche qui l’accorato appello: manca una politica europea, manca un progetto comune, e il Mediterraneo anche nel campo dell’energia avrebbe tanto da dire. Pensate che l’Algeria produrrà entro il 2030 il 40 per cento della sua energia, dalle rinnovabili… Insomma il ragionamento è serio, oltre che naturalmente economico. La Cina, tanto per essere concreti, sembra sia pronta a concludere fattivamente accordi ed affari con i Paesi del Nord Africa e proprio sul tema dell’energia. Perché non farlo noi? «Il sud – ha detto Yousfi, il ministro algerino per l’energia – ha sete di cambiamento. Pace, progresso e stabilità devono, però, essere condivise».

 

Atteso il saluto del presidente del Senato, Renato Schifani che da palermitano ha orgogliosamente sottolineato il forte valore simbolico di queste giornate svolte nel cuore del Mediterraneo, la Sicilia, e lanciato un appello a «Essere solidali con i fatti con gli europei di Lampedusa: la sicurezza interna è un’esigenza di tutta l’Unione europea , non di un singolo Stato. Che da Palermo – ha concluso – parta un messaggio per una Europa più unita e quindi più forte». Insomma sembra di capire che la parola d’ordine di queste giornate di studio sia “più Europa e non meno Europa”, e che sopratutto il Mediterraneo è un tema che non riguarda solo alcuni Paesi membri.

 

José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, nel suo intervento conclusivo ribadisce questi concetti. Con forza e con passione difende i valori fondativi dell’Europa, quali accoglienza, solidarietà. Certo nessuno, e meno che mai Barroso, nasconde le difficoltà del momento, e come sia vacillata in alcuni momenti la stessa identità dell’Unione europea: «Quel che sta accadendo nel Mediterraneo – dice Barroso – rimarrà nella storia, ma già oggi ci costringe a rivedere la nostra impostazione sul tema delle migrazioni. In questi ultimi anni, l’Unione ha dovuto affrontare sfide epocali. Ma sarebbe un errore credere e far credere che il problema sia l’integrazione europea. L’immigrazione è un problema europeo e la soluzione deve essere europea». E tutto il dibattito che in queste settimane ha spinto qualcuno ad ipotizzare la fine del trattato di Schengen? «Dobbiamo risolvere le difficoltà – risponde Barroso – e non mettere in discussione una conquista storica per tutta l’Europa».

 

Assolutamente convincente: Schengen non deve essere rovesciato, quanto piuttosto rafforzato. Ed infatti l’altro giorno, la commissione presieduta da Barroso ha proposto talune misure per migliorare la gestione dell’immigrazione, che saranno discusse al consiglio straordinario su Giustiza e Affari interni del 12 maggio e poi al Consiglio europeo del 24 giugno. La commissione suggerisce un «approccio strategico con i Paesi terzi sulle questioni legate alle migrazioni per facilitare il movimento delle persone attraverso aumentate possibilità di immigrazione legale, combinate con misure per impedire l’immigrazione irregolare».

 

Più Europa, quindi. Nel 1989, in occasione della caduta del muro di Berlino, l’Unione europea seppe darsi una strategia politica seria e forte. Oggi la sfida è forse ancora più forte, anche perché siamo attanagliati da una crisi economica che lascia senza respiro. Infatti è un compito per arditi, ma per arditi europei e non più soltanto italiani, o francesi o tedeschi. Più Europa quindi sta a significare che l’apporto deve essere dato da tutti e sopratutto da noi cittadini europei. Spero pertanto che dalle colonne di questo giornale possa partire un dibattito serrato e altamente civico da cittadini europei che vogliono partecipare a questo impegno: più Europa e non meno Europa!

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