Più agricoltura, meno consumi

L’appello del papa all’Angelus spiazza tutti. Chiede che cambino gli stili di vita e che venga  rilanciata l’agricoltura.
Papa a Londra

«La crisi economica in atto» è tremendamente seria e «manda un forte richiamo ad una revisione profonda del modello di sviluppo globale». Sono le parole di Benedetto XVI all’Angelus dedicato alla “Giornata del Ringraziamento”. Lo sviluppo globale oggi è appannaggio del solo 10 per cento della popolazione adulta più ricca del mondo che possiede l’85 per cento della ricchezza, mentre il 50 per cento della parte più povera riceve solo l’un per cento. Ed anche se ci sono stati, negli ultimi 40 anni, notevoli passi avanti nell’avanzamento della società, permangono gravissimi squilibri e ingiustizie drammatiche messe ancora più in evidenza dalla crisi economica, che è però occasione di nuova progettualità.

 

A sorpresa e, andando contro la mentalità corrente, il papa rilancia «il settore strategico dell’agricoltura». «Il processo di industrializzazione – sostiene Benedetto XVI – talvolta ha messo in ombra il settore agricolo, che ha comunque perso di importanza, con notevoli conseguenze anche sul piano culturale. Mi pare il momento per un richiamo a rivalutare l’agricoltura non in senso nostalgico, ma come risorsa indispensabile per il futuro». Nel rapporto con la nuda terra ci sarebbero dei valori perenni che il tempo non consuma: «l’accoglienza, la solidarietà, la condivisione della fatica nel lavoro».

 

E, in Italia, Paese con una lunga tradizione agricola, sono circa centomila i giovani sotto i 35 anni che hanno intrapreso un lavoro nell’agricoltura. Non si intende, certo, un ritorno al passato, ad una civiltà contadina, ormai scomparsa, ma di coniugare «un nuovo equilibro tra agricoltura, industria e servizi, perché lo sviluppo sia sostenibile, a nessuno manchino il pane e il lavoro, e l’aria, l’acqua e le altre risorse primarie siano preservate come beni universali». Proprio perché «l’agricoltura funziona – spiega Giuseppe De Rita sul Corsera – quando si intreccia con altri tre mondi: l’agro-industria, uno dei settori di eccellenza dell’Italia, l’agri-turismo e quando si intreccia con la realtà urbana come le coltivazioni curate dai pendolari o dai pensionati».

 

Altri problemi sorgono, insiste il papa, per gli stili di vita irresponsabili del mondo occidentale improntati a consumi non più sostenibili per il pianeta e per le risorse disponibili. In effetti il cittadino di un Paese industrializzato consuma il 55 per cento dell’energia, il 70 per cento della carta, il 40 per cento della carne. In Italia si usano risorse prodotte da un territorio vasto quattro volte l’intera nazione. Se tutti vivessero come gli italiani, ci vorrebbero le risorse di due pianeti, per gli Stati Uniti ce ne vorrebbero cinque e mezzo. «Educarsi tutti ad un consumo più saggio e ragionevole» non è più, dunque, un optional, ma una necessità per la salvaguardia del pianeta e per dare un futuro ai nostri figli.

 

Nella Caritas in Veritate era ben evidenziato come «manca un assetto di istituzioni economiche in grado sia di garantire un accesso al cibo e all’acqua regolare e adeguato dal punto di vista nutrizionale, sia di fronteggiare le necessità connesse con i bisogni primari e con le emergenze di vere e proprie crisi alimentari, provocate da cause naturali o dall’irresponsabilità politica nazionale e internazionale». Accenno che sembra ripreso dal papa nell’Angelus, anche di fronte all’ennesimo “quasi-fallimento” del G20 in Corea del Sud appena concluso, quando paventa la «tentazione per le economie più dinamiche è quella di rincorrere alleanze vantaggiose che, tuttavia, possono risultare gravose per altri Stati più poveri, prolungando situazioni di povertà estrema di masse di uomini e donne e prosciugando le risorse naturali della Terra».

 

Di fronte al verticismo delle organizzazioni internazionali e ai meeting per soli Paesi ricchi, che non riescono a dare risposte alla crisi, ci vorrebbe «una governance globale – sostiene l’economista Stefano Zamagni su La Stampa – di tipo sussidiario e poliarchico e non un dannoso superStato. È giunto il momento che l’Onu si attrezzi con una seconda assemblea, un Consiglio economico e sociale che abbia poteri sanzionatori simili a quelli del Consiglio di sicurezza, per colpire chi specula sul grano, sul petrolio, sull’acqua». Non si capisce perché, infatti, si vigili sugli spostamenti delle merci e non sulle emergenze economiche e sociali. A livello planetario.

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