Il pericolo di una guerra nucleare

Con il braccio di ferro tra Corea del Nord e Stati Uniti siamo davanti ad un vicolo cieco che conduce a scenari inquietanti. Intervista al professor Maurizio Simoncelli, Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo
AP Photo/Ahn Young-joon, File

Tra gli analisti ed esperti di strategie, c’è chi tende a minimizzare e chi vede avvicinarsi l’apocalisse nucleare.  Le minacce che arrivano dal capo supremo nordcoreano non sono affatto folli dal punto di vista strategico. Secondo Pietro Batacchi e Michele Taufer, che scrivono sulla Rivista italiana di Difesa, «l’opzione Usa di un’azione limitata, volta all’azzeramento della capacità non convenzionale della Corea del Nord, sperando poi dopo in un crollo del regime o in un complotto di palazzo, non sembra credibile, ed è per questo che Pyongyang ha potuto fino ad oggi tenere in scacco la comunità internazionale agitando la minaccia nucleare e missilistica nell’ambito di una spregiudicata strategia di rischio». Secondo il professor Alessandro Orsini della Luiss di Confindustria «la Corea del Nord vuole diventare una potenza nucleare per non essere distrutta e non per distruggere».

Abbiamo chiesto in merito, il parere di Maurizio Simoncelli, fondatore e vice presidente dell’Iriad (Istituto di ricerche internazionali archivio disarmo).

Come si fa a chiedere una moratoria sulle armi nucleari  davanti alla minaccia che arriva dalla Nord Corea?

Oggi assistiamo ad un crescendo di minacce da una parte e dall’altra che contribuiscono ad aumentare una tensione già elevata, che minaccia la stabilità dell’area asiatica, in quanto una guerra contro la Corea del Nord porterebbe non solo ad un’evidente sconfitta di Pyongyang (10-20 testate nucleari contro le 6.800 dei soli Stati Uniti, per fare un confronto solo in questo campo), ma anche ad una successiva (e indesiderata da Pechino) presenza statunitense direttamente ai confini della Cina, che oggi non a caso è il principale partner economico nordcoreano. Non dimentichiamo che l’arma nucleare è stata ed è eminentemente politica, garantisce uno status e permette un ruolo non secondario in eventuali trattative.

Dal suo punto di vista Kim Jong-un , non è obbligato a fare certe minacce vista la fine di Gheddafi che aveva abbandonato mire nucleari di difesa?

È evidente che i leader di altri Paesi inseriti nella famosa “lista del male” stilata da Bush jr. (Saddam e Gheddafi) hanno già fatto una brutta fine e quello nordcoreano utilizza la minaccia nucleare come garanzia per la sua sopravvivenza, visto l’isolamento crescente in ambito internazionale. Inoltre questo gli permette di consolidare il consenso popolare, manipolato dai mass media di regime, sul tema della difesa nazionale e della potenza crescente di Pyongyang.

Quanto può essere possibile giocare ancora con il fuoco ?

È ovviamente per tutti assai pericoloso, poiché anche un incidente involontario può provocare reazioni a catena in un’area dove sono numerosi i problemi geopolitici irrisolti, quali la sovranità contesa nel Mar Cinese orientale e meridionale tra Cina, Filippine, Vietnam, Taiwan, Indonesia e Malaysia, dove transita un terzo del commercio mondiale, o anche quella tra Giappone e Corea del Sud circa le isole Dokdo-Takeshima. Né va dimenticata la presenza militare statunitense nell’isola di Guam nelle isole Marianne, nelle basi in Giappone e nella Corea del Sud, per dirne solo alcune.

Cosa dovrebbe fare una potenza come gli Stati Uniti?

La visione politica dell’attuale presidente Trump tesa a minacciare ripetutamente interventi militari spinge verso un vicolo cieco dove apparentemente l’unica soluzione è un atto di forza assai pericoloso e destabilizzante. Le sanzioni stabilite dall’Onu devono essere attivate da tutti, in primo luogo dalla Cina. È su Pechino quindi che si deve operare diplomaticamente. La soluzione di forza ipotizzata potrebbe portare al caos quantomeno nordcoreano e la Cina non ha alcun interesse a che si ripetano alle porta di casa le esperienze fallimentari degli interventi in Afghanistan, Iraq e Libia. In una prospettiva di lungo termine Washington dovrebbe operare a livello internazionale affinché il Trattato di Non Proliferazione nucleare sia completamente attivato con la rimozione degli arsenali nucleari dei dieci Paesi oggi detentori di quest’arma di distruzione di massa, oggetto proprio di un bando proclamato dall’Onu nel luglio scorso.

ANSA/ CENTIMETRI
ANSA/ CENTIMETRI

 

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