Per non perdere la speranza

La Chiesa sarda si confronta sulla crisi dell'isola. Preoccupanti i dati su povertà, disoccupazione, giovani che non studiano nè lavorano. L'importanza di valorizzare le buone prassi in atto
Papa Francesco a Cagliari

Continuare a camminare sul solco della speranza, come indicato da papa Francesco nella sua visita di oltre un anno fa in Sardegna. È l’impegno emerso nel corso del Convegno Ecclesiale Regionale che si è celebrato nei giorni scorsi a Cagliari. Quasi 300 persone provenienti da tutta l’Isola si sono ritrovati per riflettere sul tema “Per un cammino di speranza. La comunità cristiana in Sardegna di fronte alla crisi a un anno dalla visita di Papa Francesco”.

Centrale nella giornata la relazione di Vittorio Pelligra, ricercatore dell’Università di Cagliari, il quale ha presentato alcuni dati ed offerto alcuni spunti per tentare un’inversione di rotta, rispetto alla situazione attuale. Tra i dati presentati spiccano quelli relativi alla povertà relativa. «La Sardegna – ha detto il docente – è tra le regioni italiane con il più basso tasso di capitale umano, ovvero quello della conoscenza, così come detiene i tassi di incremento di povertà relativa tra i più alti d’Italia. Nel giro di pochi anni i poveri relativi in Sardegna sono passati dal 15 al 25 per cento della popolazione, aumenta anche il numero di persone affette da ludopatia, con il proliferare della cultura della fortuna, della ricerca di felicità nelle vincite d’azzardo. È alto anche il dato dei cosiddetti Neet, (Not in Education, Employment or Training), giovani che non studiano e né lavorano: in Sardegna raggiungono il 35 per cento del totale, contro il 14 per cento del Trentino».

Non fanno eccezione i numeri della disoccupazione che restano preoccupanti. La vicenda Meridiana e quella ancora irrisolta dell’Alcoa rappresentano la punta di un grande iceberg.

In Sardegna più che in altre regioni, si paga però la scarsa preparazione dei giovani. Si studia poco e male rispetto al resto d’Italia «e per questo – ha detto ancora Pelligra – occorre investire in formazione adeguata, anche perché la competizione con il resto del mondo sul fronte del costo del lavoro è impari. Investire sul capitale umano, sulla formazione e sulla scuola è la strada da percorrere, sostenendo altre agenzie formative prima tra tutte le famiglie, soprattutto le più svantaggiate. L'alleanza scuola – famiglia deve essere perseguita».

Dal convegno la Chiesa sarda ha tratto nuovi stimoli per un ulteriore impegno. Per monsignor Giovanni Paolo Zedda, vescovo di Iglesias e delegato della Conferenza Episcopale Sarda per la pastorale sociale e del lavoro. «Il convegno non è la conclusione del cammino di speranza ma, partendo dalla Lettera Pastorale pubblicata nei mesi scorsi, invita la Chiesa a muoversi per affrontare il problema, guardando avanti e suggerendo anche ai responsabili della società civile nuove prospettive per affrontare questa situazione».

A conclusione della giornata monsignor Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari, ha sottolineato la necessità di diffondere le buone prassi. «Credo che uno dei nostri compiti – ha affermato il presule – sia quello di fare informazione positiva. Esempi virtuosi di imprese e lavori che funzionano per fare una contro informazione e raccontare che qualcosa funziona e che è possibile inventare dei lavori che danno frutti».

E in effetti il convegno ha permesso la conoscenza di storie di imprese sarde che nonostante la crisi funzionano. Come quella di Dimitri Pibiri, amministratore di una cooperativa sociale del Medio Campidano: una realtà che conta quasi 200 buste paga, nel settore dei servizi alla persona, e che rappresenta per quella zona un’opportunità occupazionale per tante ragazze e giovani donne, impegnate nei servizi alle categorie più svantaggiate, come anziani e disabili. Una cooperativa nata con l’apporto decisivo di una sacerdote.

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