Pensioni: ultimi giorni per il ricorso

I danneggiati dalla manovra "Salva Italia" del dicembre 2011 del governo Monti possono ancora ottenere il rimborso e il ricalcolo della pensione di quanto non percepito. Cosa fare adesso?  
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Ultimi giorni utili per presentare ricorso per i pensionati che non hanno ricevuto l’adeguamento della pensione per effetto del blocco previsto dal Governo Monti. Come tanti infatti ricorderanno, nel dicembre del 2011 il Governo azzerò il meccanismo di adeguamento automatico delle pensioni superiori al triplo del minimo Inps con la famosa manovra “Salva Italia”. Successivamente sulla vicenda è intervenuta anche la Corte Costituzionale che – con sentenza n.70 del 30 aprile 2015 – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del blocco previsto dall’art.24, comma 25, del decreto legge n.201 del 6 dicembre 2011, riconoscendo di fatto il diritto dei pensionati ad una prestazione previdenziale adeguata e rivalutata per conservare il potere di acquisto delle somme percepite.

In virtù della sentenza della Corte, possono ancora ottenere il ricalcolo della pensione ed il rimborso di quanto non percepito coloro che:

  • sono andati in pensione prima del 31.12.2011 (per 2 scatti di perequazione automatica);
  • sono andati in pensione prima del 31.12.2012 (per 1 scatto di perequazione automatica);
  • hanno percepito un importo della pensione per il 2012 superiore a euro 1.405,05 lordi (pari a circa euro 1.088,00 netti);
  • hanno percepito un importo della pensione per il 2013 superiore a euro 1.443,00 lordi (pari a circa euro 1.117,00 netti).

Pertanto i pensionati danneggiati dalla manovra “Salva Italia” e che quindi non hanno ricevuto l’adeguamento della pensione ma che possiedono i requisiti di base suindicati, possono fare ricorso entro il 31 dicembre per ottenere il ricalcolo della pensione e il rimborso di quanto non percepito o percepito in minima parte. Vediamo nel dettaglio la vicenda e cosa fare adesso.

La sentenza della Corte Costituzionale
Con sentenza n.70/2015 del 10 marzo 2015, pubblicata in G.U. n.18 del 6.5.2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25, del decreto legge 6 dicembre 2011, n.201 meglio conosciuto come Riforma delle Pensioni Fornero, nella parte in cui prevedeva che «in considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall’art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo Inps, nella misura del 100 per cento». Per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo Inps e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica, l’aumento di rivalutazione era comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite perequato.

Con detta norma il Governo Monti aveva introdotto un limite alla rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici erogati dall’Inps per gli anni 2012 e 2013, escludendo da tale meccanismo tutte le pensioni il cui importo complessivo risultava superiore a tre volte il trattamento minimo Inps (cd. “blocco delle pensioni”).

La circolare Inps
Anche l’Inps ha cercato di chiarire la vicenda e con circolare n.125 del 25.6.2015 ha diramato le istruzioni operative per l’applicazione dell’articolo 1 del decreto-legge n.65 del 2015, che ha stabilito le modalità di applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n.70 del 2015.

L’istituto di previdenza aveva precisato che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici relativa agli anni 2012 e 2013, veniva riconosciuta:

a) nella misura del 100 per cento per i trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo Inps. Per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo Inps e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante sulla  base di quanto previsto dalla presente lettera, l’aumento di rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato;

b) nella misura del 40 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo Inps e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo Inps con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi. Per le pensioni di importo superiore a quattro volte il predetto trattamento minimo e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante sulla base di quanto previsto dalla presente lettera, l’aumento di rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato;

c) nella misura del 20 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo Inps e pari o  inferiori a cinque volte il trattamento minimo Inps con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi. Per le pensioni di importo superiore a cinque volte il predetto  trattamento minimo e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante sulla base di  quanto previsto dalla presente lettera, l’aumento di rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del  predetto limite maggiorato;

d) nella misura del 10 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo Inps e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo Inps con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi. Per le pensioni di importo superiore a sei volte il predetto trattamento minimo e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante sulla base di quanto previsto dalla presente lettera, l’aumento di rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato;

e) non è riconosciuta per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo Inps con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi.

Il rimedio del Governo e i rimborsi parziali
Lo scorso anno il Governo ha previsto, con il decreto legge numero 65/2015 del 21 maggio, dei rimborsi della pensione solo parziali e limitati esclusivamente ad alcune categorie di pensionati, ovverosia quelli beneficiari di importo da tre a sei volte il minimo della pensione sociale.

Come già visto, per gli anni 2012 e 2013 la rivalutazione dei trattamenti pensionistici riconosciuta è stata del 100% solo per le pensioni di importo sino a tre volte il trattamento minimo Inps, mentre è stata del 40%, del 20% o del 10% per quelle di importo compreso, rispettivamente, tra triplo e il quadruplo, tra il quadruplo e il quintuplo e tra il quintuplo e il sestuplo del trattamento minimo Inps.

Per gli anni successivi, poi, il decreto legge ha reinserito la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici riducendone comunque l’importo.

Tali previsioni, però, non sembrano coerenti con i principi affermati dalla sentenza della Corte costituzionale del 2015 e, così, numerosi sono i pensionati che hanno avviato azioni individuali o preso parte ad azioni collettive per rivendicare i propri diritti.

Cosa fare adesso
Per verificare se comunque il pensionato ha diritto alla corresponsione della rivalutazione, è necessario accertare che sul cedolino di pensione del mese di agosto 2015 siano presenti le seguenti voci: “applicazione sentenza 70/2015”, “arretrati sentenza 70/2015 a.c” e “arretrati sentenza a.p.”.

Se tale voce non è presente – oppure, pur avendo i requisiti non è stato ricevuto l’intero importo per  adeguamento – il pensionato ha ancora la possibilità di attivarsi. Se si intende fare qualcosa però, è fondamentale inoltrare all’Inps comunicazione di sospensione dei termini entro il 31 dicembre prossimo: il termine di prescrizione, infatti, per i diritti in parola è quello quinquennale. Per cui è indispensabile inviare la lettera di diffida entro l’anno 2016, via raccomandata, in modo da poter eventualmente ricorrere anche in data successiva, ma comunque entro e non oltre il 2017.

Per quanto riguarda il ricorso per il rimborso integrale della mancata rivalutazione, le possibilità per i pensionati interessati sono diverse a seconda che si tratti di ex dipendenti del pubblico impiego oppure del privato. Nel primo caso, la controversia andrà promossa presso la Corte dei Conti, nel secondo caso ci si rivolgerà al giudice del lavoro della provincia di residenza.

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