Pelligra: Recuperare credibilità e liberalizzare

Occorre riconquistare autorevolezza, uscire dal pantano dei conflitti di interesse, tagliare le spese improduttive: le proposte dell'economista esperto di politiche comunitarie

Le tre proposte di Vittorio Pelligra, docente di Microeconomia avanzata ed Economia delle decisioni all’università di Cagliar:

 

1. In questo contesto il problema italiano non è tanto e solo di natura economica, ma è piuttosto legato a un deficit di cedibilità e affidabilità agli occhi dei mercati e dei nostri partners internazionali. Il tema della credibilità è fondamentale perché l’economia si evolve anche attraverso un meccanismo di aspettative che può produrre, quelli che tecnicamente si chiamano equilibri multipli. Siamo riusciti a entrare nell’euro non tanto perché avevamo tutti i fondamentali a posto, quanto perché siamo riusciti a far credere che effettivamente erano a posto. Una volta dentro l’euro poi, questa profezia si è auto-avverata. Ciò è stato possibile perché la scommessa era garantita da figure istituzionali di riconosciuta statura come Carlo Azeglio Ciampi.

Ora dunque per riconquistare il tempo e l’autorevolezza persi, è necessario superare quel clima di conflitti generato dalla difesa corporativa di mille rendite di posizione e di interessi particolari che paralizza l’Italia a livello politico, finanziario, sindacale e generazionale. Ma questo passa anche per misure impopolari che ci vengono imposte dall’esterno e che oggi siano costretti ad accettare.

 

2.    Il tempo dell’indecisione è veramente scaduto e nelle prossime settimane si deciderà se passeremo i prossimi anni in un equilibrio di crescita o in uno di arretramento. Così la riforma del sistema previdenziale e i tagli alle spese improduttive consentiranno di ridare un po’ di ossigeno alle casse pubbliche evitando che il nostro debito esploda per effetto dei maggiori interessi sui titoli. Il nodo delle pensioni è ormai diventato ineludibile in un Paese che invecchia velocemente e che esagera con privilegi eccessivi da ormai troppi anni. Ma il metodo dovrebbe essere, nell’ambito di un sistema contribuito, quello di una scelta libera: chi va in pensione presto avrà una riduzione proporzionale ai mancati contributi, viceversa chi rimane al lavoro, andrà premiato. Ma questa è solo una prima fase. Dopo, o meglio contestualmente, è indispensabile far ripartire la crescita.

 

3.    Sbloccare l’Italia dal pantano dei conflitti d’interesse corporativi, procedendo decisamente con liberalizzazioni vere, dagli ordini professionali al sistema delle licenze, dai servizi pubblici locali al mercato dell’energia, il tutto sotto il controllo di un’agenzia per la concorrenza munita di poteri maggiori di quelli attuali, in grado di scardinare monopoli e oligopoli più o meno camuffati e far si che la maggiore apertura del mercato vada principalmente a favore dei consumatori.

 

Un altro tema centrale è la carenza di un forte senso di coesione e identità nazionale, capace di contrastare gli egoismi territoriali. Il federalismo fiscale poteva essere, per esempio, un’occasione importante di modernizzazione, se non fosse stato impostato come una rivendicazione di alcune aree del Paese contro altre. Anche la logica dei condoni va in direzione contraria, evidenziando un disprezzo per la cultura dell’onestà e della legalità. In questo senso occorre mandare altro genere di segnali. E poi il motore della crescita economica e sociale che ha al cuore la scuola, la cultura, la ricerca e l’innovazione, non solo nelle sue eccellenze, ma in modo diffuso in tutto il Paese e attraverso le classi.

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