Pastorizia, fronte comune contro la crisi

Qualcosa si sta muovendo dopo l'estate di lotta dei pastori sardi. Ma le difficoltà rimangono.
pastori sardi

Dopo l’estate di lotta, con blocchi sulle strade e negli aeroporti i pastori sardi cercano ancora una via d’uscita dalla crisi del settore. I numeri sono impressionanti: oltre 14mila le aziende isolane a rischio, capace di produrre il 60% del pecorino romano d’Italia. Per questo Toscana, Lazio, Sicilia e Sardegna fanno fronte comune con il governo per chiedere maggior tutela per il prodotto e sostegno al comparto che rischia il tracollo.

 

Qualcosa si sta muovendo con la Regione che si è impegnata a destinare risorse a favore degli allevatori e alle aziende in sofferenza, mentre la Coldiretti ha deciso di dar vita a Cagliari ad un iniziativa che proprio oggi ha preso il via. Si tratta di "Campagna amica", nuovo punto di riferimento, nel capoluogo della Sardegna, per la vendita diretta dei prodotti agricoli.

“Negli stand – dice Coldiretti – ogni giovedì mattina sarà possibile acquistare le produzioni degli imprenditori agricoli del territorio, che venderanno direttamente il frutto del loro impegno. Produzioni che non percorrono molta strada (appunto, a chilometri zero) per arrivare al consumatore. Con una serie di vantaggi: la freschezza, la giusta maturazione e un prezzo vantaggioso, reso possibile dalla riduzione drastica dei passaggi di mano nella catena distributiva tra i campi e la tavola”.

 

Sullo sfondo restano però le difficoltà e lo scarso rendimento della produzione del latte di pecora. Basti pensare che un litro di latte viene pagato 60 centesimi al pastore mentre i costi di produzione superano l’euro a litro, ed il pecorino sui banchi del supermarket oltrepassa abbondantemente i 25 – 30 euro la chilo. A questo si aggiunge – dicono le organizzazioni di categoria – la concorrenza sleale di paesi comunitari. È dei giorni scorsi la notizia che un’azienda del sassarese sarebbe azionista di maggioranza, assieme al Ministero delle Attività Produttive, di una realtà produttiva in Romania, in grado di offrire pecorino a prezzo decisamente basso, rispetto al mercato, anche se come dicono dal sassarese, quanto prodotto a Bucarest non pecorino d’alta qualità e resta per la maggior parte nel mercato locale, solo piccole quantità finiscono in Europa e Stati Uniti.

 

Le aziende sarde hanno anche alle spalle una serie di provvedimenti che, nel corso degli ultimi decenni, ha danneggiato il settore come i prestiti ed i mutui contratti. La crisi ha poi fatto il resto, rendendo insostenibile il lavoro all’intero mondo agricolo e pastorale della Sardegna, senza dimenticare i debiti previdenziali che tolgono fiato ai produttori.

 

In tutto questo mare di problemi solo alcune aziende riescono a commercializzare formaggio di nicchia, come il fiore sardo, il pecorino di Osilo e il casizzolu del Montiferru, tutti e tre presidio Slow Food, ma devono comunque scontrarsi con il problema delle quote latte dell’Unione Europea.

 

La partita è aperta, i pastori stanno premendo per avere ossigeno e far ripartire le loro aziende. “Non abbiamo bisogno di elemosina o di solo denaro – hanno detto manifestando a Cagliari – vogliamo solo essere messi in condizioni di lavorare e vivere del nostro lavoro, non di campare di sussidi come qualcuno vuol far credere”.

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