Partecipazione ok in Spagna, Portogallo ai minimi

Percentuali diversissime, dettate soprattutto da questioni interne. I risultati, da parte loro, premiano una visone europeista, con un buon successo per socialisti e popolari. Ma con la crescita, in Spagna, di verdi e liberali
AP Photo/Paul White

Molto si era insistito sull’importanza di partecipare alle elezioni europee. A spronare la campagna elettorale, indirizzata particolarmente ai nuovi votanti, una squadra di giovani youtuber ha fatto le lodi attraverso le reti sociali dei benefici che deriverebbero dal consolidamento dell’Unione europea. Si direbbe una sorta di contrattacco al timore che al contrario crolli l’edificio politico costruito lungo sei decenni. E sembra che sia valsa la pena di fare un tale sforzo. Non si conoscevano ancora tutti i dati quando Jaume Duch, portavoce dell’Eurocamera, ha annunciato con sollievo: «Le stime preliminari indicano che la partecipazione a queste elezioni è la più alta negli ultimi 20 anni». Ma tra l’88,47% di partecipazione del Belgio e il 22,74% della Slovacchia c’è un’enorme differenza.

Forse serve fermarsi un momento sulla penisola Iberica per capire i fattori che possono avere influito sulla partecipazione elettorale. Mentre in Spagna il 64,30% degli elettori si è avvicinato alle urne, nel Portogallo solo il 31,40% lo ha fatto. È vero che la partecipazione spagnola storicamente è superiore in dieci punti rispetto a quella portoghese (una media del 54% contro il 44%), ma questa volta i lusitani sono scesi ai livelli dei Paesi dell’Est europeo, gli ultimi incorporati all’Ue. Perché tanta distanza tra due Paesi limitrofi e con lo stesso percorso nell’Unione?

Diversi media, dentro e fuori al Paese, hanno sottolineato la poca partecipazione dei portoghesi, qualcuno perfino denigrando la popolazione: «Hanno votato per passare la giornata nella spiaggia», qualcuno ha titolato. Più seriamente, il presidente de la Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, di fronte alla più alta astensione della storia democratica del Paese, si è detto preoccupato per questo «grave sintomo». Al tradizionale poco interesse dei portoghesi per gli affari comunitari, questa volta bisognerebbe aggiungere che fra quattro mesi ci saranno le elezioni politiche e che i partiti sono occupati più nella campagna interna che non in quella europea. Nonostante tutto, il Portogallo si può dire sodisfatto con un risultato che punta al sostegno dell’edificio comunitario. Dei suoi 21 eurodeputati, 16 saranno nel blocco che finora più ha sostenuto la costruzione europea: 9 nel gruppo dei socialisti e democratici (S&D), e 7 nel Ppe.

Nel caso della Spagna le cose erano un po’ diverse. Oltre il voto per le europee, c’era anche quello per le comunali e, in diverse regioni, anche quello delle autonomie. Nelle isole Canarie, addirittura, le urne erano cinque, per il suo particolare regime autonomo. Far coincidere europee ad altre elezioni locali è una buona formula per raggiungere un’alta partecipazione.

Comunque l’attenzione dei media, e dei votanti, più che sui risultati delle europee, si è concentrata sui patti per costituire i vari governi, sia quello centrale (le elezioni politiche si sono svolte appena un mese fa) che quelli regionali e pure comunali, soprattutto delle grandi città. Se da una parte è vero che i socialisti hanno ripetuto la vittoria alle politiche, non possono però contare, tranne in pochi casi, su una maggioranza sufficiente per governare. Saranno i liberali del giovane partito Ciudadanos a giocare la mossa decisiva per formare il governo, stringendo patti ora a destra e ora a sinistra, ora col Pp ora con lo Psoe, ora in un comune e ora in una regione.

La Spagna porta comunque 54 deputati all’Europarlamento. Di questi, 20 al gruppo S&D e 12 al Ppe. Sono diminuiti rispetto alla precedente legislatura, ma son invece aumentati quelli di Ciudadanos, con 8 deputati per il gruppo ADLE&R (democrati e liberali), e anche i Verdi con 4 deputati. Con ciò, come ha titolato il giornale El Mundo, «verdi e liberali sostengono il blocco europeista a Bruxelles».

 

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