Parlami dentro, il valore liberante della parola

Un’iniziativa volta a mettere in relazione cittadini fisicamente “liberi” e detenuti, condividendo attraverso la scrittura le proprie catene e prigioni interne in un rapporto di intimità
Mani che si incontrano tra le sbarre. Foto: Fondazione Vincenzo Casillo

Rivolgersi a un destinatario, anche se sconosciuto, attraverso la scrittura di una lettera resta un atto romantico. Eppure questo gesto è capace di tessere legami e spezzare catene interiori ed esteriori contribuendo a ricostruire l’identità di alcune persone obbligate dalla reclusione, prive della libertà individuale. È questo l’obiettivo di “Parlami dentro”, progetto della Fondazione Vincenzo Casillo, realtà pugliese con sede a Corato nella provincia di Bari, che mette in campo azioni a sostegno dell’istruzione, dell’educazione e dello sviluppo degli individui collaborando con enti no profit pugliesi e su scala nazionale, ridona alla parola la sua autentica essenza empatica.

Preziosa è la collaborazione con “Liberi dentro – Eduradio & TV”, programma radio-televisivo bolognese, a dimensione regionale, di informazione e servizi per le persone detenute con l’obiettivo di ri-educare attraverso contenuti e format multimediali e creando un collegamento tra il mondo esterno della città e il carcere. Avviato dall’aprile 2020, in coincidenza del lockdown a causa del coronavirus podcast e programmi televisivi si sono sviluppati grazie alla rete di insegnanti, formatori, assistenti spirituali, operatori dei servizi istituzionali e volontari che da anni operano all’interno del carcere di Bologna portando parte del mondo di fuori in carcere e dando spazi di libertà immaginaria e di speranza a molte persone obbligate a stare in cella.

Il progetto “epistolare” a cui è possibile partecipare inviando una lettera all’indirizzo parlamidentro@gmail.com fino all’11 dicembre è una vera e propria chiamata alle lettere, appunto. Ogni cittadino, in forma anonima o autografata può scrivere ad un detenuto sconosciuto il racconto della giornata, un aneddoto personale, una storia; può inviare lo stralcio di un libro o di una traccia musicale, l’immagine di un dipinto. È un tentativo di avvicinare i due mondi esterno-interno scavando però nell’intimità che ad ogni livello è legata da catene, che in molti casi, solo la scrittura riesce a liberare. «Scrivere lettere è un modo diretto di raccontare di sé e donare ad una persona ciò che è seminato nel proprio intimo, è un atto generoso e di coraggio. Chiediamo di raccontare al mondo di dentro il mondo di fuori» – dice Marilù Ardillo ideatrice del progetto promosso dalla Fondazione pugliese nata in memoria dell’attività imprenditoriale nel settore del grano di Vincenzo Casillo, che dal suo piccolo molino di San Severo nel foggiano, con impegno e sacrificio ha creato, nel corso degli anni un’azienda, punto di riferimento nel settore.

Scrivere in modo personale, sebbene possa sembrare un gesto inizialmente difficile, scomodo per la difficoltà di scavare le emozioni più profonde, sollecita la creatività e la fantasia trasformandolo in gesto liberante. La prima lettera spedita per “Parlami dentro” è da parte di una giovane mamma che conferma il senso di reciprocità che si viene a creare in un rapporto epistolare: «Anche se non ci sarà una vera e propria interazione tra mittente e destinatario, la potenza della parola può creare incastri e affinità anche tra persone che percepiscono in modo differente il concetto di libertà» afferma Marilù.

Lo scopo è di raccogliere lettere per donarle ad ogni singolo detenuto della casa circondariale di Bologna. Le produzioni epistolari saranno lette giornalmente attraverso i canali di Eduradio & TV nel mese di dicembre. L’emittente produce interessanti rubriche e contenuti trasmessi in differita sui canali YouTube e, appoggiandosi sulle emittenti regionali e possono essere visti e ascoltati all’interno delle carceri di tutta la regione Emilia Romagna. Ricorda l’ideatrice del progetto: «Già nel periodo del primo lockdown è nata la collaborazione con questa realtà associativa emiliana. Venne creato un progetto sulla genitorialità nelle carceri dal titolo “Padri in pena” nell’istituto penitenziario di Trani. Nel periodo pandemico occorreva far sentire meno solo i detenuti che, a causa delle restrizioni sanitarie, non potevano ricevere visite di familiari e dei cari. “Parlami dentro” è l’ampliamento di questa esperienza ripartendo dal valore liberante della parola».

Proprio del valore della progettualità e dell’importanza di percorsi riabilitativi parla Antonella Cortese di Eduradio & TV: «Tutti i progetti creati all’interno del carcere rappresentano potenzialmente spiragli, occasioni per reimmaginare un futuro fuori dal carcere». E in fondo poter ricollocare uomini e donne in un contesto lavorativo è sintomo di una società che è riuscita ad accogliere. Uno degli ostacoli però è lo stigma negativo nei confronti dei reclusi da parte di molti cittadini. Inoltre, le strutture carcerarie sono impostate prevalentemente per gli uomini, tralasciando esigenze, dinamiche e progettualità specifiche per le donne la cui presenza nelle carceri è data al 4%.

Un dato significativo, che sottolinea anche Antonella, è che proprio le persone detenute in mancanza di processi rieducativi e riabilitativi nel 70% dei casi sono recidivi. «Rintegrarsi nel contesto sociale è un processo lento, che procede a tappe per permettere di riabituarsi ai ritmi della vita della società civile, ma servono adeguati finanziamenti» afferma la rappresentante di Eduradio & TV che in seguito descrive il senso di straniamento che percepiscono i detenuti: «Durante la pandemia, con il permesso di partecipare alle video chiamate una persona in carcere da oltre 20 anni, ha potuto rivedere la propria casa e i parenti più lontani, la strada del suo quartiere, ha potuto riassaporare, insomma, parte delle sue abitudini e affetti che il tempo ormai aveva addirittura portato a non riconoscere. Ha notato che, nel frattempo, il mondo gli era cambiato intorno. La realtà, anche quella a cui si appartiene, è vista con differenze di percezione e a volte può risultare davvero straniante».

L’appello a scrivere lettere per i detenuti è rivolto anche alle scuole chiedendo agli studenti, agli insegnanti per attivare processi virtuosi che valorizzino le buone parole per uno scopo empatico che tende al bello accennando alle tematiche sui concetti di libertà, di giustizia e di prossimità verso persone in difficoltà o che comunque vivono uno stato di reclusione e isolamento. Questa iniziativa si rivolge ad ogni cittadino concretamente libero, ma che in fondo convive con le prigioni invisibili nella propria vita che la scrittura permette di sprigionare e condividere.

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