Parità salariale tra uomo e donna… e non solo

Approvata all’unanimità la nuova legge sulle pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. Ulteriore e deciso passo di attuazione dell’art. 37 della nostra Costituzione per cui «la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore»

È legge il nuovo testo normativo sulle pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. Con il via libera della commissione Lavoro del Senato (in sede deliberante) a fine ottobre, dopo solo 15 giorni dall’approvazione della Camera, il testo unificato promosso da M5s e Pd ha trovato pieno consenso ed è stato votato all’unanimità. In attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, la nuova legge interviene sulla parità salariale tra uomini e donne e va ad innovare il Codice delle pari opportunità di cui al D.Lgs. n. 198/2006.

Ben si comprende la necessità e l’urgenza di intervenire ancora una volta da parte del legislatore per ovviare alla discriminazione di genere quando si guarda alla realtà del gender pay gap in Italia. Lo scarto nello stipendio netto mensile a cinque anni dal conseguimento della Laurea Magistrale è di oltre 500 euro tra uomini e donne – come si evince dai dati raccolti dall’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica, diretto dall’economista Carlo Cottarelli – cioè 1.969 euro per gli uomini e 1.403 euro per le donne.

Il tasso di occupazione registra una differenza pari al 18,5% (48,9 contro 67,4 per cento) tra uomini e donne nella fascia 15-64 anni d’età al quale si aggiunge la limitata presenza femminile in posizioni manageriali e non da ultimo nelle professioni STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) cioè le discipline scientifico-tecnologiche. Un problema che accumuna anche i Paesi dell’Unione Europea tanto che la Commissione ha presentato una proposta di direttiva sulla trasparenza salariale.

L’uguaglianza di genere, inoltre, non solo salariale, è un obiettivo principale sia dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile sia del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Alcuni studi rilevano come anche l’economia nazionale possa trarre vantaggio dalla parità salariale tra uomini e donne.

L’art. 3 della nuova legge allarga l’obbligo anche alle aziende con più di 50 dipendenti (fino ad ora previsto solo per quelle con più di 100 dipendenti) di redigere un rapporto periodico indicante il numero dei lavoratori e delle lavoratrici occupate in azienda, le differenze retributive, l’inquadramento contrattuale, le mansioni, il metodo di reclutamento del personale e le misure volte alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. A rafforzare l’obbligo è prevista una multa per le aziende inadempienti o che non trasmettono dati veritieri. Le aziende con meno di 50 dipendenti non soggette all’obbligo di legge possono comunque trasmettere il rapporto su base volontaria. L’elenco di tutte le aziende sarà pubblicato sul sito del Ministero del lavoro.

Inoltre, dal 1° gennaio 2022, la parità di genere dovrà essere certificata. Si tratta di una novità assoluta rispetto al Codice delle pari opportunità. Infatti, questo ultimo si arricchisce dell’art. 46 bis che prevede per tutte le aziende con più di 50 dipendenti l’attestazione delle «politiche e misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità». Con successivi decreti saranno stabiliti i parametri per conseguire la certificazione.

Tale certificazione delle parità di genere darà diritto a uno sgravio contributivo non superiore all’1% dei contributi dovuti dal datore di lavoro su base mensile con un limite massimo di 50mila euro/anno per ciascuna azienda. A questo fine per il 2022 sono già stati stanziati 50 milioni di euro. Inoltre alle aziende “certificate” verrà attribuito un punteggio aggiuntivo utile per la partecipazione ad appalti e gare pubbliche e per la concessione di finanziamenti europei, nazionali e regionali.

La nuova legge interviene anche sulla definizione di discriminazione diretta e indiretta ampliando le previsioni di cui all’art. 25 del codice delle pari opportunità; pertanto dà luogo a discriminazione ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti, può porre il lavoratore in una posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori, limitarlo  nelle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali e nell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.

La nuova legge sulle pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo rappresenta un ulteriore e deciso passo di attuazione dell’art. 37 della nostra Costituzione per cui “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intervenuto sul tema in occasione della cerimonia al Quirinale con le vincitrici della XXXIII edizione del Premio Marisa Bellisario, affermando che «è in corso una forte crescita del ruolo femminile pur se non mancano ancora disparità e condizioni da rimuovere, emerse ancora più gravi durante la pandemia… dove il costo pagato dalle donne è stato particolarmente alto; eppure il ruolo delle donne nel contrasto del virus è stato particolarmente forte e intenso». Ha poi ribadito che «è obiettivo fondamentale della Repubblica l’effettiva parità; il valore del principio di uguaglianza è collocato nell’art. 3 della Costituzione non per una mera enunciazione, ma nella convinzione che l’uguaglianza è condizione fondamentale per la crescita della nostra società e la realizzazione dei valori della Costituzione sotto ogni profilo».

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