Papa Luciani sarà beato

Albino Luciani, papa col nome di Giovanni Paolo I, scelto come omaggio ai suoi predecessori (Giovanni XXIII e Paolo VI), sarà beato. Lo ha deciso papa Francesco, dopo il riconoscimento di un miracolo avvenuto per sua intercessione.

Papa Luciani sarà presto beato. Il Vaticano ha riconosciuto il miracolo ottenuto per intercessione del «papa del sorriso», la guarigione di una bambina argentina di undici affetta da una gravissima malattia. Un miracolo avvenuto a Buenos Aires dieci di anni fa: la bambina, oggi ventenne, è stata guarita in circostanze straordinarie da problemi neurologici molto seri, affetta da una grave encefalopatia infiammatoria acuta, ormai in fin di vita. Il parroco della parrocchia cui appartiene l’ospedale ha chiesto la sua guarigione per intercessione di Giovanni Paolo I, cui era devoto. L’evento ha caratteristiche straordinarie perché la bambina è stata curata dai medici, ma soprattutto c’è stata una notte di preghiera e di richiesta di intercessione.

Molti conservano il ricordo di papa Luciani, un pontificato brevissimo, di soli 34 giorni (e non 33, perché per i pontefici viene conteggiato anche il giorno della morte), ma destinato a rimanere nella storia. Aveva scelto il nome di Giovanni Paolo I, volendo ricordare i due pontefici che lo avevano preceduto, Giovanni XXIII, che lo aveva nominato vescovo, e Paolo VI , che lo aveva nominato Patriarca di Venezia e cardinale. Un uomo amato per la sua mitezza e umiltà. Humilitas, infatti, era il suo motto episcopale, una virtù centrale nella sua vita vissuta con semplicità evangelica. Proprio questa semplicità, nutrita da una grande umanità, faceva di lui un buon comunicatore. È stato il primo pontefice ad abbandonare il pluralis maiestatis nei suoi discorsi, rivolgendosi ai fedeli in prima persona singolare equando è diventato papa non ha voluto essere incoronato ma, al posto della tiara sulla testa, gli è stato imposto il pallio sulle spalle.

Da vescovo aveva partecipato al Concilio Vaticano II e, negli anni successivi, aveva cercato di favorirne l’applicazione sottolineando, però, che più che cambiare le strutture della Chiesa, occorreva riformare l’atteggiamento interiore dei cattolici. Uomo di ascolto e di dialogo, si era lasciato interpellare anche dagli incontri avuti con i vescovi dei Paesi in via di sviluppo e dall’idea della collaborazione fra le Chiese al punto che egli stesso era andato in visita pastorale in Burundi nel 1966.

È stato un pastore vicino alla gente, comunicatore della fede, testimone della misericordia di Dio, dell’amore verso il prossimo e della solidarietà. Sognava una Chiesa che incarnasse le beatitudini, una chiesa povera, vicina alle sofferenze delle persone, non autoreferenziale, ma che vive della luce riflessa di Cristo, senza trionfi mondani. Un Magistero, il suo, quanto mai attuale: l’attenzione al tema della povertà del Sud del mondo, l’auspicio di una fraternità universale caratterizzata dall’attenzione e dall’amore concreto verso i poveri.

Pur essendo un uomo di grande cultura aveva scelto di utilizzare, nella sua pastorale, un linguaggio semplice e accessibile a tutti affinché la Buona Notizia del Vangelo potesse raggiungere ogni uomo e ogni donna, come dimostrano le quattro udienze generali nelle quali aveva parlato della bellezza della vita cristiana fondata sulle virtù teologali della fede, della speranza e della carità.

«Di pace hanno fame e sete tutti gli uomini, specialmente i poveri, che nei turbamenti e nelle guerre pagano di più e soffrono di più», aveva detto nel corso dell’Angelus del 10 settembre 1978, invitando a pregare per la pace in Medio Oriente e, ricevendo più di cento rappresentanti delle missioni internazionali presenti all’inaugurazione del suo pontificato, aveva espresso il desiderio che ogni popolo potesse trovare il suo posto nel concerto delle nazioni e sviluppare i doni di Dio in pace e attraverso la solidarietà degli altri. «Non abbiamo, certo, soluzioni miracolose per i grandi problemi mondiali – aveva affermato -. Possiamo tuttavia dare qualcosa di molto prezioso: uno spirito che aiuti a dipanare questi problemi e li collochi nella dimensione essenziale, quella della carità universale e dell’apertura ai valori trascendenti, cioè l’apertura a Dio. Cercheremo di realizzare questo servizio con un linguaggio semplice, chiaro e sicuro». Un percorso ancora attuale per la Chiesa e per il mondo.

 

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