Pandemia: tanti italiani emigrano

Nell’ultimo anno più di 109 mila connazionali hanno lasciato il nostro Paese. Cresce il numero delle donne. Le fragilità dell’Italia alla base del fenomeno
(AP Photo/Renata Brito)

Come è cambiata la mobilità degli italiani nell’ultimo anno? Quanto ha influito la pandemia sui flussi migratori? Cosa ne è stato dei progetti di chi aveva intenzione di partire? Il Rapporto Italiani nel Mondo 2021 curato dalla Fondazione Migrantes si interroga su questi temi cercando di dare una lettura sia sulla mobilità italiana all’estero che sulla mobilità italiana interna. Purtroppo la mobilità è ancora la risposta italiana alla soluzione di problematiche e carenze che si fatica a colmare e chi ha la possibilità economica continua a partire e a «far crescere l’Italia fuori dell’Italia».

Dal Report di quest’anno emergono peculiarità nuove legate all’emergenza sanitaria: parte chi ha una buona condizione di salute e a lasciare l’Italia sono, in gran numero, i giovani che però si muovono verso destinazioni vicine, verso altri Paesi europei riscoperti proprio grazie alla pandemia anche perché, rispetto ad altri continenti, sono garanzia di salute e di accesso a tutele per chi lavora. Proprio sui giovani è necessario concentrare l’attenzione e l’azione, cercare di attuare politiche che incentivino a restare a mettere a frutto i loro talenti in Italia.

C’è, poi, chi ha preferito rinviare la partenza e restare nel nostro Paese. Nel generale calo del numero delle partenze, pari a -16,3%, le diminuzioni maggiori si registrano per gli anziani (-28,7% per chi ha tra i 65-74 anni e -24,7% per chi ha tra i 75-84 anni) e per i minori al di sotto dei 10 anni (-20,3%). Nonostante ciò, da tutti i territori provinciali italiani e verso 180 destinazioni (erano 186 a inizio 2020) nel mondo sono partiti più di 109 mila italiani. Servono, pertanto, «analisi e politiche finalizzate a un cambiamento di rotta nell’interesse dell’Italia tutta, dei suoi sempre più numerosi anziani che restano e dei suoi territori sempre più abbandonati e deserti», si legge nel Documento.

Tra le regioni italiane, la Sicilia è quella con la comunità più numerosa di residenti all’estero, seguita da Lombardia, Campania, Lazio, Veneto e Calabria. Sono tre le grandi comunità di cittadini italiani iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire): Argentina (884.187, il 15,6% del totale), Germania (801.082, 14,2%) Svizzera (639.508, 11,3%). Seguono le comunità residenti in Brasile (poco più di 500 mila, 8,9%), Francia, Regno Unito e Stati Uniti.

Cresce il numero delle donne iscritte all’Aire: un processo, segnala il Report, di «femminilizzazione e di familiarizzazione». Moltissime donne partono oggi alla ricerca di realizzazione personale e professionale, tuttavia vi sono anche tanti nuclei familiari con figli al seguito, legati o meno da matrimonio. In base ai dati dell’Ufficio centrale di statistica del Ministero dell’Interno, aggiornati all’inizio del 2020, su quasi 5,5 milioni di residenti all’estero, le famiglie sono 3.223.486. Da 10/15 anni c’è stato un aumento dei minori (+76,8%) e +179% circa è stato l’aumento dei cittadini iscritti all’Aire tra i 19 e i 40 anni; +158,1% i nati all’estero da cittadini Aire; +128,6% le acquisizioni di cittadinanza e +42,7% le iscrizioni all’Anagrafe con la motivazione espatrio. Da meno di cinque anni le iscrizioni sono aumentate del +24,4%, quelle al di sopra di 10 anni del +127,8%.

La mobilità ha senza dubbio cambiato il volto dell’Italia e può essere considerato l’elemento più importante di cambiamento sociale, economico, culturale e religioso degli ultimi decenni. La pandemia ha messo in luce le fragilità del nostro Paese in tanti settori: dalla demografia all’economia, dall’unità sociale alla cultura, dalla politica al sentimento di fede. Da queste osservazioni, tuttavia, occorre ripartire con una consapevolezza nuova e con rinnovata fiducia. Si legge, infatti, nel Report: «Le fragilità con il coronavirus sono risultate più evidenti e le differenze più marcate. Posti in primo piano i problemi, è buona norma intraprendere un cammino operativo e fruttuoso per superarli e trasformarli in ricordi. La prossimità e la sinodalità diventano, così, gli strumenti principali per questo impegno, affinché nessuno venga lasciato indietro o solo, ma piuttosto si costruisca una società partecipata e plurima, dove il “noi” sia la costante di un benessere pienamente vissuto, costruito anche dalle gioie e dalle speranze, dalle tristezze e dalle angosce dei migranti».

 

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