Osservatori sulla “narrativa d’odio”

Si stanno sviluppando anche in Spagna diversi “Osservatori” per individuare e monitorare nelle reti sociali, la tendenza all’hate speech, la narrativa d’odio, per contrastarne l’influenza negativa

Tra le lezioni che dovremmo ricordare della presidenza Trump, una potrebbe essere la cura attenta da avere per quanto in inglese viene definito hate speech, tradotto in italiano con “incitamento all’odio”, ma anche, in riferimento al fenomeno delle fake news, con “discorso d’odio” oppure “narrativa d’odio”. Certo, non è da attribuire all’ex presidente Usa la responsabilità per questo modo di usare lo strumento linguistico, che esiste da quando l’uomo ha imparato ad articolare parole, ma Donald Trump ne ha fatto in certo modo un uso paradigmatico. L’assalto al Campidoglio di Washington del 6 gennaio scorso è stato l’ultimo esito di questa narrativa.

Qui in Europa siamo preoccupati anche per la velocità con cui i discorsi d’odio si diffondono, spesso in seguito a un attacco terroristico o dopo un intervento poco fortunato di un politico, un giornalista o una qualsiasi figura di rilievo. Subito le reti sociali sono inondate da messaggi… poco amabili. Un esempio: dopo l’attacco terroristico a Parigi del novembre 2015, l’hashtag #matadatodoslosmusulmanes (uccidete tutti i musulmani) fu il terzo più usato per ore in Spagna. Si capisce pertanto quanto afferma un recente rapporto dell’Istituto della gioventù di Spagna (Injuve): «L’ecosistema digitale si configura oggi come lo spazio centrale nella battaglia contro l’incitamento all’odio, perché è quello il luogo condiviso in cui si riflettono prima e con maggiore forza gli atteggiamenti di rifiuto dell’altro». E aggiunge: «Sebbene la popolazione generale, soprattutto i nostri giovani, riconoscono l’islamofobia per quello che è (una forma di razzismo), non sono in grado di percepirlo nelle sue manifestazioni più sottili».

Questa per così dire «incapacità culturale» di percepire che certe espressioni e manifestazioni incitano all’odio (razziale, politico, religioso, verso gli immigrati…) ha motivato negli ultimi anni la nascita, un po’ in tutta Europa, di diversi “Osservatori” con la finalità di monitorare e individuare, soprattutto nelle reti sociali, i discorsi d’odio e reagire di conseguenza. Alcuni di questi Osservatori sono ufficiali, come l’Osservatorio spagnolo del razzismo e della xenofobia, che è collegato a un ministero dello Stato, ma altri nascono dall’inquietudine dei cittadini (Cibervoluntarios.org ad esempio) in collaborazione con progetti europei per attivare «meccanismi di allerta e risposta coordinata», e far fronte a eventuali esplosioni di odio.

Ma non è solo il cyberspazio “l’ecosistema” in cui si sviluppa maggiormente l’odio. La Fundación Al Fanar para el Conocimiento Árabe (costituita nel 2012 a Madrid) ha pubblicato di recente, in collaborazione con altre istituzioni spagnole ed europee, una guida ai mezzi di comunicazione. Così si presenta: «Questa guida cerca di fornire dati e raccomandazioni ai giornalisti affinché possano prendere in considerazione quali sono i quadri concettuali carichi di stereotipi negativi, in cui inconsciamente circoscriviamo l’Islam e i musulmani». Una delle sue raccomandazioni: «Il giornalista deve essere responsabile con il suo strumento di lavoro e cercare le parole giuste, il tono giusto, le statistiche in contrasto e la terminologia corretta».

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