Oscar 2011: vincitori e vinti

Gli Oscar forniscono una chiave di lettura per analizzare le future tendenze del cinema mondiale: non sarà mica il momento di ritornare al classico?
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William Hill , re indiscusso degli allibratori londinesi, lo dava per superfavorito. Un po’ per motivi campanilistici (Il discorso del re batte bandiera britannica), ma soprattutto perché il pronostico non presentava molte alternative. Di sicuro, però, neppure William Hill prevedeva il poker: miglior film, miglior regia (Tom Hooper), miglior attore (Colin Firth), migliore sceneggiatura originale (David Seidler).

 

Agli altri, premi singoli (Natalie Portman miglior attrice per Il cigno nero, Christian Bale e Melissa Leo migliori attori non protagonisti per The Fighter, In un mondo migliore della danese Susanne Bier miglior film straniero), per non parlare di sonora sconfitta, e beffa, per Il Grinta dei fratelli Coen, che nonostante tredici nomination non si è portato a casa neppure un Oscar minore come premio di consolazione. Probabilmente i seimila membri dell’Academy Award non nutrono alcun rancore per i colonizzatori inglesi (e lo hanno dimostrato con le preferenze al Discorso del re), ma guai a chi si permette di distruggere il mito dell’Ovest e dell’icona del pioniere mettendo in scena un West ferino e vendicativo, dove alberga la giustizia privata, dove la legge è inesistente e dove l’antieroe, uno sceriffo ubriacone e male in arnese, è agli antipodi di quella specie di padre della patria che era John Wayne.

 

Dietro il verdetto dell’Academy ci sono sempre e comunque chiavi di lettura che suggeriscono indicazioni per progetti, prospettive e future tendenze. Una di queste è stata fornita dall’Osservatore romano (anche il quotidiano vaticano non ha esitato a schierarsi facendo il tifo per il Discorso del re), secondo il quale il suo trionfo è «da interpretare come un ritorno a un cinema più classico, ovvero più narrativo e meno autoriale».

 

Sulla stessa linea si è schierata la maggioranza dell’Academy, perché cinema classico significa cambio di rotta rispetto alle megaproduzioni hollywoodiane, tutte effetti speciali, trionfo del 3D, nuove tecnologie digitali e chi più ne ha più ne metta; significa ritorno al film "scritto", opera di un lavoro collettivo, fatto da molti, mentre le alte tecnologie richiedono l’intervento di pochi esperti e di ingenti capitali. E siccome l’Oscar è un premio corporativo (i componenti dell’Academy sono tutte persone impegnate a vario titolo nell’industria del cinema) ecco che l’attribuzione di una statuetta a un film invece che a un altro ha sempre il senso di una precisa indicazione su una via da seguire. Così si spiega il crollo del Grinta nonostante le tredici candidature. I Coen sono produttori indipendenti e, dopo un segno iniziale di simpatia, i giurati devono aver pensato che era meglio restare nel sistema. Che garantisce continuità di lavoro e sicurezza di stabilità.

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