Oltre tutti i limiti

Francesca Schiavone, regina del tennis a Parigi: “Sono una macchina da sogni: ho sempre sognato di vincere questo torneo”.
Schiavone

 

Mentre tutto il mondo dello sport cerca un titolo per la sua epica vittoria al Roland Garros, Francesca Schiavone annuncia il suo: “Oltre tutti i limiti”. Chi storce il naso di fronte a tanta apparente sfacciata presunzione, sempre più comune fra i cosiddetti campioni dello sport, è invitato a conoscere Francesca più da vicino:

 

“Il significato? – ha spiegato stringendo la coppa fra le mani – Chiunque, se vuole può raggiungere la sua meta. Essere quello che vuole essere, che ha deciso di essere. Io non ho mai avuto dubbi. Sogno sempre, credo in me stessa. Io sono una macchina da sogni. Lotto in ogni cosa che faccio Ho sempre sognato di vincere questo torneo”. Nel circuito professionistico dal ’98, ha trasformato in realtà, dopo 12 anni, il suo sogno: in questi anni si è ammazzata di lavoro, ha osservato ed appreso, ha studiato e provato, ha perso ed ha cominciato a vincere, a fato di tutto per far fruttare al meglio il proprio talento: “Lo sport è un modo di esprimersi e di essere in libertà. Ti lascia dimostrare il talento, ma ci devi mettere accanto il lavoro…”

 

A Parigi, nel più prestigioso torneo di tennis del mondo, ha dimostrato che non occorre essere una fuoriclasse per avere classe. Solo la classe ti permette di miscelare alla perfezione grinta ed intelligenza, umiltà e sagacia tattica. La grinta: “Ho scelto di essere aggressiva: se l’avversario ha un bel servizio, ma tu gli rispondi, lui perde fiducia e allora le possibilità tornano 50 e 50. E lui fa molta più fatica. Se non rispondi, invece, ti viene sopra.” L’intelligenza: “Ho detto che avrebbe vinto la più intelligente: ed ho vinto io, dunque…Ma adesso non esageriamo…” L’umiltà: “Ma come ho fatto?” ripete a mani giunte, rispondendo alla ovazione del pubblico. La sagacia tattica: “Ho giocato una palla lunga ed una corta, una sul rovescio ed una sul dritto” e non aggiunge che ha messo a repertorio precise voleè a rete, smorzate e lob (pallonetti), slice (la racchetta colpisce forte la palla, ma la “spazzola” al tempo stesso, facendola ruotare in senso antiorario) e top spin (il colpo da sotto che fa ruotare la pallina su stessa e che ne fa abbassare la traiettoria dopo il rimbalzo a terra). E non spiega che solo lei e la Henin tengono così bene la diagonale di rovescio con una sola mano.

 

Se si parte in 128 e vince solo una, se si perde un solo set in 7 incontri compresa la finale giocando con le atlete più titolate al mondo, se si riesce ad essere aggressive e rilassate ad un tempo, se si riesce a non far giocare un’avversaria, facendo prevalere la fantasia sui muscoli, se si riesce a restare concentrati, senza tradire l’emozione, alla prima finale di uno slam che si raggiunge nella vita, è segno che il proprio successo si è costruito mattone su mattone. Per questo “oltre tutti i limiti” non è teorema da sbruffoni. È consapevolezza che di limiti ne hai, eccome, ma se ci lavori con passione per correggerli, per migliorarti sempre, se fai la tua parte, se costruisci col lavoro instancabile il tuo futuro, prima o poi la pallina gira dalla parte giusta.

 

Quella sudata coppa, bella e grande, col suo nome inciso sopra, resta per tradizione a Parigi. Francesca avrebbe voluto portarsela a casa: dovrà accontentarsi di riceverne una copia, più piccola. A casa si porta invece un pugno di quella terra rossa, rubata nell’olimpo del tennis. E la gioia di cullare un sogno divenuto realtà.  

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