Oltre il welfare e la redistribuzione

L'EdC è destinata a superare i modelli di Stato sociale che abbiamo sinora conosciuto? Tre domande all'economista Stefano Zamagni
Stefano Zamagni

Il professor Zamagni, docente di economia politica all’Università di Bologna, ha seguito il progetto dell’Economia di comunione. Dopo vent’anni e in questo tempo critico traccia un bilancio di quanto realizzato e delle nuove opportunità

 

Ha parlato di EdC come sfida non solo al modello economico e di business attuale, ma anche al concetto di redistribuzione del reddito e di welfare: li stiamo mettendo definitivamente in soffitta?

«Chiaramente il welfare di tipo redistributivo avrà a continuare, perché in situazioni di emergenza serve qualcuno che pensi a spegnere il fuoco mentre la casa brucia; ciò che non è più sostenibile è avere, come succede in Italia, persone che per anni vengono mantenute in vita grazie ai trasferimenti, perché finiremmo per creare un esercito di poveri: si può fare finché sono poche, non il 25 per vento della forza lavoro. Ecco perché la via d’uscita è creare occupazione, come del resto aveva affermato Chiara Lubich nel vedere le favelas di Rio: non ha detto “aprite il portafogli”, ha detto “create aziende”».

 

Ha affermato che l’EdC avrà un grande impatto soprattutto nel nostro Paese: quali sono le ragioni che la portano a fare questa previsione?

«Le radici storico-culturali del nostro Paese affondano nel 1200, e sono in linea con il progetto EdC: è l’ultimo anello di una catena iniziata con il francescanesimo, e proseguita con esperienze come quella di don Bosco, le casse rurali e le cooperative. Ecco perché, mentre in altri Paesi l’EdC deve vincere resistenze più forti, da noi basta una “rispolverata”».

 

Ha delineato come il concetto di responsabilità sociale d’impresa stia oggi degenerando: ritiene che l’EdC possa correre lo stesso rischio?

«Il rischio esiste, perché il peccato originale ce l’hanno tutti: per questo bisogna praticare l’“ascesi”, intesa nel suo significato greco di “esercizio”, e una vigilanza costante. Ma il punto di forza dell’EdC è quello di essere inserita in un movimento ecclesiale, dove, se uno sbaglia, c’è un fratello pronto a correggerlo: per cui il rischio reale di una degenerazione, direi, è davvero molto basso».

 

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