Occupare spazi o aprire processi?

Le prese di posizione della gerarchia cattolica italiana sul caso Berlusconi e su quello Lupi sono benvenute. Ma non esimono da un esame di coscienza sui comportamenti passati
Galantino

Ha fatto un certo scalpore la presa di posizione di Avvenire, il giornale dei vescovi italiani, sull’assoluzione di Berlusconi dall’accusa di favoreggiamento della prostituzione minorile (in sostanza, il direttore Tarquinio ha sostenuto che una cosa è la legge, una cosa è la morale: se l’ex-cavaliere non ha violato quella data norma di legge, praticando comunque la prostituzione è moralmente colpevole) e sul caso Lupi e più in generale sulla corruzione (in attesa di riscontri più precisi sul ministro Ncd, l’editorialista Antonio Maria Mira condanna senza tentennamenti chi non si oppone al sistema corruttivo generalizzato nell’apparato dello Stato).

Anche la gerarchia cattolica è intervenuta in questi ultimi giorni (mons. Galantino sull’affaire Berlusconi e il card. Bagnasco sulla corruzione): meno male! Sembra che l’onda lunga della pulizia assoluta richiesta da papa Bergoglio stia arrivando anche nella Chiesa italiana. Ma ciò non può esimere il mondo cattolico da un’analisi approfondita dei comportamenti tenuti negli ultimi decenni: i troppi “parallelismi”, i tanti “scambi di favori”, i numerosi messaggi prettamente politici inviati a mezzo stampa, se non addirittura certe connivenze col malaffare, per fortuna piuttosto rare.

La pagina sembra veramente essere stata girata, evviva! La logica della “occupazione degli spazi” lascia il posto a quella del “lievito nella pasta”: non si mira più, come cristiani, a cercare di occupare posizioni di potere per fare il bene e per impedire ad altri di fare il male (anche se poi, troppo spesso, raggiunte delle posizioni di rilievo, ci si abbandona all’andazzo della corruzione!), ma si lavora per “avviare dei processi virtuosi” che portino al bene comune, sempre e solo al bene comune, come ha invitato a fare il papa nella Evangelii Gaudium.

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