Obamacare, banco di prova per Trump

La proposta di riforma sanitaria bocciata ancora una volta da un Senato a maggioranza repubblicana mostra un partito dalle tante anime che deve ripensare ad un progetto politico attento anche ai cittadini più deboli

“Inaccettabile”. L’aggettivo utilizzato per bocciare la proposta di riforma sanitaria voluta da Donald Trump per rimpiazzare quella del suo predecessore è stato usato per tre volte e in meno di dieci giorni non dai senatori democratici ma dai vescovi americani. Anche loro si sono uniti al coro di chi non accetta una proposta di riforma che rischia di lasciare senza assistenza sanitaria oltre 20 milioni di americani, appartenenti soprattutto alle fasce più deboli della popolazione. «Sono inaccettabili le attuali proposte di cambiamento, come inaccettabili restano i tentativi di abrogare l’Affordable Care Act senza un adeguato sistema sostitutivo» dichiara determinata la Conferenza episcopale Usa, che continua a sostenere «un’assistenza sanitaria universale e conveniente, completa e qualificata indipendente dallo stadio di vita, dal lavoro dei genitori, dal loro guadagno, da dove le persone vivono o sono nate». Non sappiamo quanto questa lettera inviata a tutti i senatori abbia fatto breccia nel Partito repubblicano, ampiamente sostenuto nelle ultime elezioni da tanti cattolici; ma è certo che l’ennesimo tentativo di bocciare la legge di assistenza sanitaria nota come Obamacare è nuovamente fallito, aprendo un baratro tra Donald Trump e i repubblicani.

Uno dei cavalli di battaglia della campagna per la presidenza Usa e una delle leggi più contestate dai repubblicani in questi ultimi sette anni non riesce ad arrivare ai 51 voti necessari alla sua abolizione, in un congresso dominato totalmente dai conservatori e che non è riuscito ad elaborare una legge sostitutiva convincente ed efficace.

Le ragioni del fallimento sono da ricercare anzitutto nelle conseguenze sui territori. Abolire i fondi federali che supportano l’obbligatorietà di un’assicurazione medica per tutti i cittadini significherebbe privare di cure famiglie monoreddito, immigrati, ammalati gravi, poveri: e sono parecchi i senatori che temono un confronto con i loro cittadini soprattutto negli Stati dove hanno vinto i democratici, e che potrebbero non supportarli alle prossime elezioni di mid term nel novembre 2018. Ma anche nei cosiddetti Stati repubblicani la popolarità degli eletti è notevolmente scesa, poiché l’infuocata lotta sul sistema sanitario alla resa dei conti si è rivelata più verbale che sostanziale: i repubblicani non avevano di fatto un piano B efficace.

Un sondaggio realizzato dall’Università di Quinnipiac ha evidenziato che gli elettori che si oppongono al piano sanitario del Gop (il Partito repubblicano, detto Grand old party) vincono per tre a uno. Ed è anche per questo che l’ala moderata del partito non accetta voti ad occhi chiusi e su pressione del presidente. E persino i favorevoli all’abolizione della riforma, come il senatore repubblicano John McCain, hanno ritenuto insufficienti le proposte di riforma.

Va precisato che il sistema sanitario americano si basa su due programmi: il Medicare, destinato ai soggetti anziani; e il Medicaid destinato alle famiglie con basso reddito aiutate da fondi federali per l’acquisto di un’assicurazione medica. Obama ha ampliato l’accesso a questi fondi a persone e famiglie con fasce di reddito ancora più basse e ha reso obbligatorio l’acquisto di una polizza, sotto la pena di sanzioni. Inoltre ha obbligato le aziende con più di 50 dipendenti a partecipare alle spese assicurative, e ha costretto le assicurazioni a garantire coperture delle cure anche per malati terminali o con patologie gravi. Punti critici della legge sono che circa il 20 per cento degli aventi diritto sceglie piani con deduzioni molto elevate e quindi più gravose per lo Stato, e i piani di spesa più economici limitano di fatto la scelta di medici e di cure. Alcune assicurazioni si sono ritirate dal mercato perché non hanno giudicato conveniente aderire alla proposta, ma molte si sono adeguate al mercato e hanno presentato polizze con premi diversi a seconda delle contribuzioni.

Cosa prevedeva invece la riforma battezzata Trumpcare? Anzitutto un taglio ai sussidi concessi dal governo a chi non riceve assicurazione dai datori di lavoro; taglio di fondi per la cura di poveri, disabili, disagiati; e nonostante un finanziamento agli Stati di oltre 100 milioni di dollari, gli analisti li reputano insufficienti rispetto alla popolazione in necessità. Altro tema è il diniego di fondi alle organizzazioni che forniscono servizi alle donne per il controllo delle nascite: ma quest’ultima proposta mette a rischio il monitoraggio dei tumori femminili e altri servizi alle donne. Infine la proposta prevede di eliminare le sanzioni per chi non stipula un’assicurazione, ma questo potrebbe far diminuire i numeri degli assicurati e far aumentare i costi di chi sceglie di assicurarsi. Inoltre la non obbligatorietà di assicurazioni poco costose per cittadini già ammalati porterebbe alla totale perdita di assistenza sanitaria. I democratici e i repubblicani moderati vorrebbero provare a lavorare insieme ad una correzione efficace della legge, ed è quanto anche i vescovi hanno auspicato invitando a guardare al bene comune e non alle parti.

I dibattiti in corso in questi sette mesi evidenziano che ai Repubblicani serve ripensare un progetto politico inclusivo delle diverse anime, e non focalizzato esclusivamente sulla revoca delle riforme di Obama (alcuni osservatori politici imputano l’astio verso l’Obamacare più ai legami con il presidente democratico che alle forme di assistenza previste) o sulle rivendicazioni del presidente Trump, che fatica ad accettare un dibattito interno al suo stesso partito. Idem per i democratici, ancora sotto shock per la sconfitta, e annichiliti dai quotidiani scoop sull’intervento russo nelle elezioni e sul coinvolgimento della famiglia Trump e di tanti insospettabili funzionari dell’amministrazione Usa. Anche loro devono costruire un futuro post-Obama nell’era di Trump.

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