Nuove relazioni (Evangelii Gaudium 87-92)

L'Evagenlii Gaudium si rivolge ad ogni cristiano in quanto attore sociale: una fede autentica non può che sfociare nel desiderio di cambiare il mondo, in un'azione concreta di trasformazione della realtà in cui vive
Persone in piazza san Pietro

Nuove relazioni (Evangelii Gaudium 87-92)

La lettura dell’esortazione apostolica Evagenlii Gaudium colpisce un sociologo per almeno tre motivi. Anzitutto per lo stile di scrittura, del tutto inconsueto per un papa. Si tratta di un documento con frasi molto dirette, piene di punti esclamativi, che, pur essendo scritto in ottimo italiano, tradisce in diversi punti una costruzione sintattica di leggera modulazione castigliana. Insomma, in alcuni tratti sembra proprio di sentire papa Francesco parlare. Ma non solo per questa ragione l’esortazione riflette la personalità di Bergoglio. Seppur il documento raccolga i lavori svolti nell’ultimo Sinodo e dunque rispecchi la dimensione mondiale della Chiesa, si avverte una rotazione dell’asse di riferimento nel modo di guardare la realtà: non più “occidentocentrico”, ma pluricentrico, con un’attenzione particolare alle diversità delle comunità ecclesiali e alle diversità delle sfide sociali che la Chiesa incontra nel mondo.

In secondo luogo colpisce la proposta di protagonismo che Bergoglio rivolge ad ogni cristiano in quanto attore sociale. Essa nasce da una visione realista, ma tenacemente ottimista della realtà e della Chiesa. Non si parla solo di gioia e di “no” al pessimismo, ma di un messaggio evangelico positivo e trasformativo. In più punti dunque si sostiene che una fede autentica non può essere comoda e individualista, ma implica necessariamente il desiderio di cambiare il mondo, un’azione concreta di trasformazione sociale.

A questo è collegato il rinnovamento delle relazioni umane, di cui si parla nel documento. Vivere il Vangelo significa assumere il rischio dell’incontro con l’altro, significa – dice Bergoglio – avere una «fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano». Per questo credo che il documento contenga un messaggio forte, perché riconosce che la scommessa di oggi è “vivere l’altro” per risolvere il dualismo tra identità e alterità. Questa è una scommessa che riguarda ciascuno di noi, ma anche le nostre comunità, che muoiono se non sanno guardare ai più bisognosi, alle periferie, ai nuovi ambiti socio-culturali.

Infine, ma non ultimo, è da sottolineare che un paragrafo specifico è dedicato ad illustrare non solo la proposta dell’esortazione, ma soprattutto i limiti di questo documento e le ragioni che hanno indotto il papa a soffermarsi di più su alcuni argomenti, piuttosto che altri. Ritengo che questo sia un punto centrale: per la prima volta si riconosce esplicitamente il limite di ogni forma culturale e questo deve essere considerato un punto di forza, perché solo tale riconoscimento consente l’apertura vera al dialogo, in quanto permette di lasciarsi interrogare dall’alterità.

Silvia Cataldi
ricercatrice di Sociologia all’Università degli Studi di Cagliari

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