Nuove proteste in Egitto

Da un paio di settimane sono numerosi, al Cairo e in altre città del Paese, coloro che scendono in piazza per protestare contro il regime di al-Sisi, accusato di essere sempre più liberticida. Una vicenda da seguire attentamente.

È un blogger molto popolare in Egitto, attivista dei diritti civili e della democrazia, ha 37 anni ed è famoso per aver fondato insieme alle moglie Manal un aggregatore di blog: Manalaa. Si chiama Alaa Abd al Fattah ed è “scomparso” senza lasciare traccia in una stazione di polizia del Cairo sabato 29 settembre. Alaa era stato arrestato la prima volta nel 2013 per aver partecipato ad una manifestazione non autorizzata: niente di più facile dato che nell’Egitto del presidente al-Sisi nessuna manifestazione politica viene autorizzata. Condannato a 5 anni di carcere, nel 2017 è stato scarcerato con obbligo di controllo giudiziario, vale a dire obbligato a trascorrere in cella 12 ore al giorno, dalle 18 alle 6.

Dalla mattina del 29 settembre non si sa più nulla di lui: nella stazione di polizia dove si trovava non c’è più e non è stato arrestato. La famiglia e i suoi avvocati non sanno dove si trovi. La sorella di Alaa, Mona, ha scritto in un tweet: «@alaa è stato rapito dalla stazione di polizia di Dokki. Ci è stato detto che è nelle mani dei servizi di sicurezza. Non sappiamo dove si trovi, non conosciamo le accuse, non sappiamo se sta bene o se sta subendo maltrattamenti. Non sappiamo nulla se non che siamo di nuovo a dire #freeAlaa».

Le proteste sono esplose quasi improvvisamente venerdì 20 settembre. Secondo le notizie pervenute in un primo momento ai media internazionali, si trattava di poche centinaia di persone, ma questo sembra in contraddizione con il fatto che la protesta non sia iniziata solo al Cairo, ma contemporaneamente anche ad Alessandria, Damietta, Mahalla e Suez. Tanti o pochi, le richieste dei manifestanti si sono concentrate fin dall’inizio sulle dimissioni del presidente egiziano al-Sisi. Facevano seguito agli appelli lanciati su internet dal 2 settembre scorso da un fuoriuscito egiziano rifugiatosi in Spagna, Muhammad Ali, un ex appaltatore dell’esercito che accusa al-Sisi e la sua cerchia di corruzione e spreco di fondi pubblici, di traffici illeciti e della costruzione di lussuosi edifici. Muhammad Ali ha invitato «i musulmani, i cristiani, i liberali, i membri dei Fratelli musulmani, i secolaristi d’Egitto e tutti coloro che provengono da diversi cammini della vita a scendere in piazza per ballare, cantare canzoni popolari e suonare il clacson in tutte le piazze del Paese».

Sisi
al-Sisi

Non era finora mai successo che qualcuno contestasse pubblicamente Abdel Fattah al-Sisi, protagonista del colpo di Stato militare del 3 luglio 2013, quando l’esercito arrestò l’allora presidente della repubblica Mohamed Morsi (esponente dei Fratelli musulmani, poi deceduto in carcere il 17 giugno 2019). Il feldmaresciallo al-Sisi è stato ufficialmente “eletto” presidente della Repubblica nel 2014 con una maggioranza che sfiorava il 97%, e nella riconferma del 2018 il 97% è stato anche superato. Forse è necessario aggiungere che non erano stati ammessi alla competizione elettorale candidati di rilievo e che i votanti erano poco più del 40% degli aventi diritto, cosa peraltro usuale in Egitto.

La reazione della polizia alle manifestazioni di questi giorni è stata comunque dura. Ad una settimana dall’inizio delle proteste, Amnesty International riferisce di arresti di manifestanti, giornalisti, avvocati per i diritti umani, attivisti ed esponenti politici. Secondo l’organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani, alle manifestazioni hanno preso parte persone di età, condizione socio-economica, genere e orientamento religioso diversi, e anche persone prive di un profilo politico.

Secondo il Centro egiziano per i diritti economici e sociali, una Ong, in poco più di una settimana sarebbero state arrestate 2.231 persone. Altre 1.198 sarebbero state interrogate, mentre non vi sono informazioni ufficiali su ulteriori 1.024 uomini e donne. Per tutti gli arrestati sarebbero stati disposti 15 giorni di carcere, rinnovabili. Solo per 181 degli arrestati sono state formulate delle accuse. I siti internet già bloccati sarebbero 513, ai quali sono stati aggiunti negli ultimi giorni anche la Bbc e Al-hurra. Disturbi notevoli si registrano per le app di messaggistica (Wire, WhatsApp, Signal…).

Secondo al-Sisi, intervistato a New York a margine all’assemblea generale dell’Onu, le proteste sono istigate «dall’Islam politico» e in un suo intervento alla tv di stato egiziana il presidente ha ammonito i manifestanti: «Ci sono forze del male che cercano di prendervi di mira».

 

 

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