Non solo caporali. Gli intoccabili della filiera

A proposito della piaga dello sfruttamento del lavoro agricolo bisogna affrontare la responsabilità di chi determina il prezzo dei raccolti: i marchi della grande distribuzione organizzata, le industrie di trasformazione e i commercianti
caporalato

Come spesso è accaduto in molte altre vicende del nostro Paese, sono stati necessari dei morti per ricordarci che nelle campagne di mezza Italia ci sono migliaia di lavoratori (italiani e stranieri) impiegati in maniera irregolare, non di rado soggetti a vere e proprie forme di schiavitù. L’estate appena trascorsa è stata fin troppo generosa di notizie circa drammatici fatti di cronaca che hanno visto come protagonisti dei braccianti, lavoratori deceduti a causa del caldo e della fatica.

Morti per un lavoro che non frutta più di 3 euro l’ora ma che non di rado è l’unica possibilità per sbarcare il lunario. Vicende umane che hanno permesso ai riflettori di riaccendersi su questo triste fenomeno, noto a molti ma ignorato da tutti. Lo sa bene Caritas Italiana, da anni impegnata, anche attraverso il progetto Presidio, ad assistere e tutelare questi lavoratori. Un’esperienza consolidata che ha permesso di fare anche una mappatura dello sfruttamento e delle cause che lo determinano. A questo proposito molto si potrebbe scrivere sulle responsabilità, attribuendole un giorno ai caporali e un altro giorno ai datori di lavoro.

Ma ci sono i cosiddetti “intoccabili”, coloro che nella lunga filiera produttiva hanno un ruolo determinante e di cui nessuno, però, parla o vuole parlare. Sono i marchi della grande distribuzione organizzata passando per le industrie di trasformazione e i commercianti, i quali di solito hanno il controllo delle organizzazioni dei produttori, che determinano i prezzi del raccolto ed evidentemente lo fanno sempre con una logica di mantenimento di prezzi bassi al consumo. Si tratta di un sistema insostenibile, al punto che in alcune realtà gli stessi proprietari decidono di lasciare i frutti sulle piante o chi ha qualche margine di guadagno riesce ad ottenerlo attraverso lo sfruttamento dei lavoratori. Dunque non una, non due ma molte responsabilità.

La risposta istituzionale, sempre tardiva e formulata sull’onda dell’emotività, è specchio fedele di questa percezione comune che vede solo nei caporali e nei datori di lavoro i soggetti da colpire. Ne siano testimonianze le misure paventate le scorse settimane dal governo per contrastare il fenomeno dello sfruttamento: colpire i caporali e proporre forme di adesione volontaria al lavoro di qualità. Nessun cenno circa l’esigenza di riformare un sistema che presenta molti aspetti controversi e che richiederebbe, invece, un luogo di confronto fra tutti i soggetti coinvolti nella filiera produttiva.

 

 

Oliviero Forti è  il responsabile dell’Ufficio Immigrazione

della Caritas Italiana

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons