Non esiste alternativa all’economia del “noi”

Un libro di Edmondo Berselli e la nuova prospettiva plurale delineata da Roberta Carlini indicano un radicale cambiamento di prospettiva nella crisi
Insieme

Siamo in mezzo ad una crisi dai contorni indecifrabili e dagli esiti incerti, ma che ha precise origini. Le scelte dissennate della finanza sono nate a partire da una concezione deformata e riduttiva dell’essere umano che è stata fatta passare come un dato di natura.
 
Cambiare paradigma Tutto il dibattito attuale dei teorici dell’economia civile, come Bruni, Zamagni, Becchetti e molti altri, non prescinde dal crinale apocalittico lasciato per iscritto da Edmondo Berselli, nel 2010, «dovrebbero esserci pochi dubbi sull’aspetto criminale dell’economia moderna».
Come se ne esce da questa nefasta previsione? Nell’ultimo libro dello scomparso direttore de Il Mulino intitolato “L’economia giusta”, tutti i dati e le premesse convergono per un futuro del mondo occidentale con meno risorse e quindi “povero”. Ma a questa nuova condizione ci si potrà arrivare con una nuova  consapevolezza oppure «nella sorpresa dell’indicibile e quindi soggetti a tutte le frustrazioni possibili» . È da questa percezione che Berselli invita ad un profondo rinnovamento  culturale per poter offrire risposte a fenomeni destinati ad esplodere in maniera incontrollata, come l’aumento delle ineguaglianze e l’impoverimento del ceto medio.
I nuovi tempi fanno crollare le fondamenta del pensiero unico contrassegnato dall’acronimo Tina ( there is no alternative), quello cioè che non riconosce l’esistenza della società ma solo del singolo individuo. La terapia sociale, contro l’autodistruzione annunciata, andrebbe perciò trovata andando alle radici della nostra storia europea imperniata di redistribuzione e condivisione.
 
L’Italia che condivide Un testo come L’economia del noi di Roberta Carlini, si colloca su questa scia e non può essere considerato un elenco di buone pratiche consolatorie e marginali.
L’interesse che ha suscitato, dando vita ad un sito vivace e ricco di esperienze, permette di definire una mappa di realtà contrassegnate dalla riscoperta di un legame sociale antico che mette in crisi il dogma dell’ «interesse individuale come unica interpretazione dei comportamenti umani». D’altra parte il consumatore che sta alla base di ogni analisi di mercato dovrebbe sapere  tutto del prodotto che acquista. Ma questa è una finzione facilmente smentita dalla realtà perché di fronte a certificazioni etiche riconoscibili e credibili, il comportamento della persona che compra tende a cambiare.

Il viaggio nell’Italia che condivide, illustrato dalla Carlini attraversa temi fondamentali, come il consumo dei beni, l’uso dei soldi, la costruzione e la gestione delle abitazioni, il fare impresa e il gestire le reti della conoscenza in ambienti non protetti. Come nel caso dell’impresa di produzione e commercio di arance sottratta alla mafia per essere convertita a criteri di giusto pagamento di fornitori e trasportatori. C’è poi la proposta di recuperare il patrimonio immobiliare esistente, senza depredare le famiglie con mutui proibitivi, sembra possibile con il cohousing. Concetti, anche qui, nuovi e antichi, come proprietà indivisa e  riqualificazione dei quartieri, si intrecciano come quello degli “obiettori monetari”, coloro cioè che prestano soldi in una logica di mutuo soccorso per finanziare progetti di cambiamento sociale.
 
Cambiare il sistema  Non un’aggiunta estetica al sistema,quella proposta dalla Carlini,ma la pretesa di cambiare il sistema stesso senza dover mutare la forma giuridica delle varie imprese.
Un capitolo del libro è dedicato al progetto dell’Economia di comunione con domande che meritano approfondimento.
Il Terzo settore non può solo includere il tradizionale ambito del “no profit”, ma quello più ampio del “not for profit”, sottolineando in questo modo la motivazione dell’agire economico.  Tra le varie realtà che si impegnano in questi ambiti si individuano tratti simili: la centralità del rapporto tra le persone,la logica del dono al posto di quella dello scambio, l’esistenza di un bene comune.   
I tempi diranno se questa risposta, già presente nel corpo della società civile, sarà in grado di offrire la direzione di una via di uscita comune dalla crisi. Stavolta, davvero, non c’è alternativa. 

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