Napolitano ascolterà le famiglie numerose?

Tornano davanti al Parlamento, scrivono ai prefetti, chiedono di parlare con il presidente della Repubblica. La crisi morde i bilanci familiari, eppure le soluzioni ci sono. Intervista con i portavoce dell'Associazione famiglie numerose
famiglie numerose

Chi mette al mondo dei figli non può accampare scuse. Sa bene che è un’avventura che espone a grandi responsabilità. E, se non si è milionari, ad accettare umiliazioni palesi e nascoste, pur di riuscire a mantenere quella condizione economica di sopravvivenza che sempre più le famiglie numerose rischiano di non riuscire a raggiungere, o di perdere, nel pieno di una crisi economica che offre la giustificazione per tagli alle già minime risorse a loro favore.

 

Eppure una diversa considerazione della famiglia e del suo valore sociale è possibile, come dimostrano altre legislazioni in Europa: basterebbe chiedere asilo politico in Paesi come la laicissima Francia per ottenere un trattamento più equo. Lo hanno fatto provocatoriamente alcuni padri e madri che aderiscono all’Associazione delle famiglie numerose e che il 12 ottobre tornano caparbiamente in piazza Montecitorio, dopo che il 22 settembre si sono incatenate esponendo pentole e passeggini vuoti e ricevendo blande risposte dei politici che hanno varcato la sbarra del presidio posto dalla polizia. Si tratta di richieste esplicite di giustizia sociale, dal riconoscimento di categoria protetta nel mondo del lavoro al raddoppio degli assegni familiari, come si può leggere sul sito dell’associazione dove campeggia il motto "Adesso basta!". L’iniziativa propone atti di disobbedienza civile rifacendosi alla Costituzione e chiede di incontrare il presidente della Repubblica, senza accontentarsi di ulteriori promesse. Parliamone con la famiglia portavoce dell’associazione, Mario ed Egle Sberna, in procinto di partire per Roma.  

Continuate a fare istanze ai prefetti, al Parlamento e ai vertici istituzionali: ma non vi sembra che, dopo aver conosciuto la lettera "segreta" della Bce, non esistono margini di trattativa, dovendo qualsiasi governo ubbidire al diktat di tagliare le spese?

«Non è un problema nostro la lettera di Trichet ma di chi ci governa, che deve fare le cose nel rispetto della Costituzione. La Costituzione non dice che chi viaggia in Ferrari, evade le tasse, le elude, vive una vita sproporzionata, fugge dai processi e dalla galera possa continuare a vivere
sopra le righe come se nulla fosse. La Costituzione dice che le famiglie numerose devono ricevere sostegno così come la maternità, l’infanzia e la gioventù (art. 31); dice che bisogna pagare le imposte e le tasse in funzione della capacità contributiva (art. 53)».

«Più figli meno armi» dite, contestando l’entità delle  spese in armamenti che vorreste invece dirottare verso l’equità sociale. Argomenti che, finora, non hanno mai lambito l’associazionismo familiare. Non temete l’accusa di velleitarismo e strumentalizzazione ?

«Ci pare evidente che non vogliamo più conquistare un impero, che non siamo né saremo mai attaccati dagli ufo. Non si capisce perché dovremmo continuare ad investire e far crescere un esercito, peraltro costosissimo, che non ha nemici da combattere. I veri nemici oggi sono la povertà, la miseria, l’ingiustizia, l’iniquità. Ma anche un territorio che frana sotto i nostri piedi dopo due giorni d’acqua, case e scuole pericolanti… Qui c’è bisogno di investire non nelle ormai inutili armi di offesa, come i 135 nuovi cacciabombardieri che l’Italia dovrebbe acquistare. È così semplice che ci arriva anche un bambino».

 Con l’iniziativa del 12 ottobre, giorno della scoperta dell’America, sembra che vogliate scoprire altre modalità di presenza del soggetto famiglia: ma non siete troppo pochi per fare massa critica?

 «Ogni grande cambiamento inizia sempre con un piccolo passo. Cos’erano la Nina, la Pinta e la Santa Maria? Tre piccole caravelle e Colombo un visionario con una ciurma di poveri cristi. Eppure quel poco ha incontrato il molto. Non l’ha scoperto, c’era già, ma ha potuto incontrarlo ed è nato un mondo nuovo. No, non abbiamo paura di essere pochi perché i nostri sogni sono i sogni di tutti: "Sentinella, a che punto è la notte? Quanto resta della notte?". Chiedetelo a noi. Noi, quei sogni, li vediamo. Sappiamo che la notte cesserà. No, non facciamo poesia. Costruiremo qualcosa di nuovo, cambieremo questo Paese».

Parlate di famiglia senza far distinzione di classe sociale, ben sapendo che nella realtà un lavoratore con mille e duecento euro al mese e la minaccia di cassa integrazione praticamente non può essere accogliente nei confronti della vita se non esponendosi alla miseria. Non vi sembra venuto il momento di poter offrire uno sguardo più ampio, di sistema,  della difesa della famiglia numerosa ?

 «Non ci rassegneremo mai a vivere in un luogo nel quale è possibile strappare un bimbo fin dal ventre della madre. Aprirsi alla vita, alla famiglia, al futuro: per questo vale la pena spendere la propria vita, con pochi o tanti talenti. Ciò che conta è non sotterrarli, ma metterli a frutto.  Noi vogliamo togliere dalla strada quei macigni che impediscono di camminare, partendo dagli ultimi, da coloro che fanno più fatica. Le ingiustizie, l’iniquità, la menzogna, sono questi i macigni sui quali costringiamo ad inciampare i viandanti della vita. Quando la strada sarà liberata allora tutti, forti e deboli, potranno percorrerla insieme, in solidarietà, condivisione, comunione. Cambierà il sistema, lo cambieremo noi».

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