Muri contro gli immigrati e l’accoglienza secondo Rosmini

Cosa c'entra il pensiero di Antonio Rosmini con la nostra quotidianità? Cosa c'entra con l'accoglienza dei rifugiati, con le pubblicità che invitano a comprare prodotti sempre nuovi e tecnologici, con le nostre relazioni? C'entra molto, come hanno ben spiegato, a Loppianolab, il segretario della Cei Nunzio Galantino, l'economista Vittorio Pelligra e lo storico Paolo Pombeni 
Fuori dall'Auditorium di Loppiano

Cosa ha da dirci il filosofo (nonché presbitero e, dal 2007, anche beato) Antonio Rosmini a oltre 150 anni dalla sua morte? Molto, sia per uscire dalla crisi che attanaglia l'Italia sia per comprendere meglio il mondo che ci circonda e il vero significato delle parole accoglienza, relazione e solidarietà. Visti gli ultimi eventi accaduti in Europa, continente in cui l'accoglienza ai migranti, seppur fattiva, si sta scontrando con resistenze, rifiuti e veri e propri muri, per monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, l'attualità di Rosmini (di cui l'editrice Città Nuova sta pubblicando l'Opera omnia) è innanzitutto nel valore dato alla capacità dell'uomo, in quanto persona considerata nella sua interezza, di mettersi in relazione con l'altro, ma anche con Dio. Un Dio che non aspetta i nostri tempi, ma che naturalmente cerca di mettersi in relazione con noi. 

 

Parlare dell'unità della persona, sottolinea Galantino, fa emergere l'importanza della relazione con gli altri. «Noi – ha affermato il segretario generale della Cei – diventiamo veramente persona man mano che facciamo crescere la nostra sensibilità, la nostra attitudine alla relazione». Un'attitudine che è anche esercizio da praticare. Chi si chiude in sé stesso, avverte Galantino, «si sta facendo la fossa da solo, sta negando sé stesso. Non vivere la relazione con l’altro o vivere relazioni malate significa rinnegare sé stessi, non essere sé stessi. Quello che non stiamo capendo è che questo è ciò che avviene nella misura in cui diciamo no all'accoglienza, alla relazione, alla solidarietà». Perché accoglienza e solidarietà non sono altro che altri nomi con cui chiamare la relazione. E «visto che la relazione è una categoria fondante dell'essere umano, la persona che dice no alla relazione dice no anche a sé stesso, si abbrutisce, non è una persona». 

 

Ma i muri che possono separarci dagli altri possono essere anche fisici, come quello che è stato innalzato dal premier Viktor Orbàn in Ungheria per impedire l’ingresso ai migranti. Un muro, ha commentato il segretario della Conferenza episcopale italiana, che «sta umiliando l’umanità, oltre che l’Europa», ma che fa capire che barriere di questo tipo si possono costruire ancora oggi, anche in coloro che fanno ricerca sull’uomo». La stella polare dell’antropologia rosminiana, ha detto Galantino, è una lettura olistica, completa, dell’uomo, che consideri uniti la bellezza del corpo e la dimensione spirituale. Ma quest'uomo deve fare buon uso del suo intelletto. Un dono fondamentale perché, ha chiosato il segretario della Cei, «non ci si fa santi vivendo da stupidi, e questo non lo ha detto Rosmini, lo dico io».

 

Per lo storico Paolo Pombeni, docente presso l'università di Bologna, è importante che, soprattutto dopo la rivoluzione di papa Bergoglio, i cattolici riescano a ritrovare il senso della partecipazione a una storia che è in evoluzione e che quindi non si sa dove andrà a finire, così come aveva fatto in parte anche Rosmini di fronte alla grande trasformazione arrivata dopo la fine dell'antico regime. I cattolici non devono dunque illudersi – e non. devono illudere gli altri – di avere una soluzione, ma devono essere consapevoli di poter lavorare altrettanto bene, se non meglio,  per contribuire a trovare quelle soluzioni che comunque vanno infividuate nel solco della storia che verrà e non di quella che è stata.

 

La grande attualità di Rosmini, come rimarcato da Pietro Cocco, è il suo mettere la persona al centro. Non solo. Altri due aspetti del pensiero rosminiano possono essere utili strumenti per interpretare la realtà, considerato che, come all’epoca di questo grande studioso, «viviamo una fase di stallo nella quale non si sa quale strada imboccare». Anche oggi, infatti, spiega l'economista Vittorio Pelligra, «non si riesce bene a capire cosa sia utile e necessario» e una prova è quello spot, con un noto personaggio dello spettacolo, che invita a distruggere un cellulare seminuovo per poterne comprare un altro, ancora più tecnologico, ma di cui il consumatore non ha davvero necessità. 

 

«Rosmini – sottolinea Pelligra – è modernissimo per due motivi principali. Innanzitutto, per l'idea della razionalità che non segue un principio pienamente utilitarista, ma si completa quando è soggetta al vaglio morale e all'interazione tra l'auto-interesse e gli interessi universali morali, come confermato da psicologi e dalle neuroscienze. Il secondo motivo è legato all'iperconsumo, cioè alla moltiplicazione artificiosa dei bisogni che Rosmini identifica come problema già a metà dell'Ottocento e che critica perché riconosce che la soddisfazione dei bisogni porta felicità solo quando questi bisogni sono reali». 

 

Rosmini, ancora oggi, ci ricorda che l’uomo, considerato nella sua interezza, e non come un oggetto, è pienamente persona e può dunque diventare una presenza equilibrata nel mondo, capace di misurarsi con la storia e con le molteplici realtà che lo circondano. Un autore, dunque, tutto da riscoprire per poter applicare, nel nostro quotidiano, i suoi insegnamenti.

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