Mons Nervo profeta della Carità

È venuto a mancare a 95 anni uno dei più grandi protagonisti della vita ecclesiale e civile, fondatore della Caritas Italiana e della Fondazione Zancan di Padova
Mons. Nervo

Solitamente si suol dire: «Sono i migliori che se ne vanno». In questo caso, mi si consenta di affermare: «Sono i migliori che rimangono (per sempre)». Questo lo si può dire anche per monsignor Giovanni Nervo, splendida figura di sacerdote, profeta dell’impegno sociale, acerrimo difensore di tutte le povertà, fondatore della Caritas Italiana e della Fondazione Centri Studi E. Zancan di Padova.

Ho avuto il privilegio e la  bellezza di conoscerlo e di avere molte occasioni di ascoltarlo nelle sue lucidissime analisi sulla situazione sociale, politica ed economica dell’Italia, lucidità che è rimasta tale fino alla fine della sua vita terrena. Di tratto mite, ma non accondiscendente, specie verso le ingiustizie, profondamente e straordinariamente di forte spiritualità, ma con una laicità che dialogava con tutti. Grande amante delle montagne, lo si incontrava spesso con la sua tonaca, saldi scarponi e un bastone inerpicarsi in passeggiate, specie nella Val di Non, che ha percorso centinaia di volte per dare formazione – e che formazione! – a centinaia di studiosi e operatori del sociale nella sede estiva della Fondazione Zancan con un gruppo di lavoro che, negli anni, si è coagulato intorno a lui, fior fiori di esperti nei servizi alla persona. Nei momenti più importanti ho chiesto il suo parere anche con interviste per il nostro giornale. Indubbiamente la notizia della sua scomparsa ha fatto l’effetto di sentirsi afoni, cioè senza più quella voce autorevole che parlava prima al cuore e poi all’intelligenza delle persone. Ma il patrimonio di idee, di scritti, di libri che ci lascia è e sarà una guida che non disperderà un patrimonio che vale per sempre.

Nato nel 1918 a Casalpusterlengo, nel Lodigiano, all'età di 13 anni era entrato in seminario nella diocesi di Padova e nella città del santo è stato ordinato sacerdote nel 1941. Una delle cose più importanti, tra le altre decine e decine, fu senz’altro cogliere la spinta profetica di Paolo VI per dare organicità all’azione della Chiesa nel campo dell’aiuto alle persone, fondando la Caritas italiana che ha seguito fino al 1986.

«Mons. Giovanni Nervo – ricorda il vescovo di Padova Antonio Mattiazzo –, è stato una figura emblematica della Chiesa italiana, a cui ha dedicato la sua vita di prete e di uomo; si è impegnato strenuamente per l’affermazione di una pedagogia della carità, così come doveva essere la Caritas nel pensiero di Paolo VI, e non ha mai mancato di denunciare ingiustizie o incoerenze. Ma il suo impegno è stato anche avvalorato da un alto senso di responsabilità civile, governata dai valori del cattolicesimo sociale, di cui è stato uno dei protagonisti. Il suo operato è stato sempre riconosciuto anche dalla società civile e gli è valso il riconoscimento della laurea honoris causa dell’università di Udine nel 1996 e nel 2003 dell’università di Padova».

Don Giovanni, titolo che sicuramente preferiva al più aulico mons. Nervo, nei suo 94 anni di vita, è stato uno strenuo difensore e sostenitore dei poveri: «La prima carità è il Vangelo – dichiarò in un’intervista all’Osservatore Romano in occasione dei suoi 90 anni, il 13 dicembre 2008 –, perché la povertà maggiore è la mancanza di fede, e che per molti, che forse crederanno di non essersi mai incontrati con Gesù Cristo, la carità sarà l’ottavo sacramento che li salva». E ancora una frase a lui cara, che è un programma di grandissima visione, era: «Fioriamo lì dove Dio ci ha seminato».

La famiglia – e chi la conosce non può non definirla tale – della Fondazione Zancan, altra opera monumentale di mons. Nervo, con in testa l’attuale presidente mons. Pasini Benvegnù, il direttore scientifico Tiziano Vecchiato e la coordinatrice organizzativa Thea Paganin, fedeli compagni di strada, fanno sapere che don Giovanni «lascia un patrimonio immenso di idee. Con una vita spesa per la giustizia, la solidarietà, la carità, la pace, ci lascia una testimonianza stupenda di vita. È nato povero, è vissuto povero, è morto povero, in una povertà che lui ha sempre considerato ricchezza, perché, diceva, gli lasciava una grande libertà».

Il Vangelo e la Costituzione italiana – proseguono gli amici della Zancan – sono sempre stati i capisaldi su cui costruiva un rapporto umano profondo con tutte le persone, di ogni estrazione sociale e cultura. Sui problemi concreti delle persone, diceva, non si può non essere d’accordo e si possono superare tutte le barriere culturali e ideologiche. L’attenzione agli altri, l’accoglienza, l’impegno per la costruzione della “città dell’uomo” li ha concretizzati nella Chiesa, che ha tanto amato, in particolare nella Caritas italiana, nella società, nella scuola come insegnante di religione e nelle istituzioni da lui fondate, la Scuola superiore di servizio sociale di Padova, la Fondazione Emanuela Zancan Centro di studio e ricerca sociale.

Ora che è arrivato papa Francesco, anch’egli proteso al riscatto di tutte le povertà, siamo doppiamente grati a don Giovanni per la grande lezione di vita e per l’impegno che lascia: accogliere e valorizzare la sua testimonianza perché nella società e nella Chiesa abbiano casa stabile giustizia e carità, a cui ha dedicato la sua vita.

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