Molte domande irrisolte: Ha vinto l’amore ?

È passato con il voto di fiducia il maxiemendamento che riconosce le unioni civili tra persone dello stesso sesso. La discussione sulle adozioni è stata rimandata. Il Governo regge grazie ai voti dei senatori dell’Ncd e dei verdiniani di Ala. Il Movimento 5 Stelle abbandona l’Aula. La discussione su un tema di rilevanza etica, ancora una volta, preda delle strategie di una maggioranza in equilibrio instabile
Parlamento

Dopo più di sei mesi di discussioni accese, di Family day e di manifestazioni delle famiglie Arcobaleno, di ricerca di alleanze in Parlamento e di rivendicazioni di diritti tra i cittadini, siamo arrivati all’approvazione di una legge che, per la prima volta in Italia, introduce (come recita il titolo del testo approvato)  la “regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, riconoscendo e  regolamentando i diritti e i doveri delle coppie di persone dello stesso sesso e delle coppie eterosessuali non sposate, che decidono di dare stabilità al proprio legame affettivo; in tal modo si dà vita ad una “specifica formazione sociale”, attraverso una dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni che sarà iscritta all’archivio dei dati anagrafici e che comporterà tutte le conseguenze che da questo legame scaturiscono:  la coabitazione, la possibilità di scegliere un cognome unico per la coppia, la reversibilità, l’eredità… finora riconosciute solo per le coppie sposate.

 

Rispetto alla proposta iniziale, la cosiddetta legge Cirinnà, è stato stralciato l’art. 5 sulla Stepchild adoption che sarà trattata in una proposta di legge ad hoc che andrà a ridisegnare la normativa sull’adozione.

 

Come sempre accade in questi casi,  molti rivendicano la vittoria per quello che viene definito un «traguardo di civiltà» che ci mette «al passo con l’Europa», primo fra tutti il premier Renzi che in un tweet di ieri ha scritto: «Ha vinto l’amore»; così anche la ministra Lorenzin, esponente del centrodestra di governo che ha fatto valere il suo peso nei delicati equilibri della maggioranza, che rivendica lo stralcio dell’articolo sulla stepchild adoption e annuncia «e ora battaglia sull’utero in affitto».

 

In realtà, cercando di analizzare la complessità della questione ed in particolare l’oggetto della legge e la modalità della sua approvazione (il voto di fiducia), molti vuoti rimangono e molte domande si affacciano alla nostra attenzione.

 

L’approvazione di questa legge cosa mette davvero in campo? Per i suoi promotori: il riconoscimento delle unioni omosessuali, certo, pragmaticamente forse il massimo raggiungibile ora, ma considerato solo il primo passo di un percorso che nei loro desiderata condurrà inevitabilmente alla richiesta del matrimonio egualitario, come è accaduto nella vicina Francia. Per il Governo: da un lato, la necessità di «fare qualcosa di sinistra» come direbbe Nanni Moretti, per allargare il consenso e accontentare quei pochi settori della sinistra che ancora restano legati al Pd,  cercando però il metodo meno costoso per questa maggioranza che, reggendosi su numeri risicatissimi, soprattutto al Senato, ha posto la fiducia (altro che richiamo alla libertà di coscienza!) su un tema così delicato che avrebbe invece richiesto un ben altro dialogo,  pacato e costruttivo.

 

I commenti sono molti e di colori e toni diversi, tutti concordi nell’affermare il risultato storico, ma alcuni ponendo un’enfasi esagerata che sarebbe da riservare ad altre cause come quello di Francesco Merlo su La Repubblica che giunge a dire che: «Dunque ora che il desiderio è diventato diritto, la legge Cirinnà ci libererà definitivamente anche dalla fedeltà. E diciamo la verità: oggi c'è più amore nei matrimoni di quanto ce n'era nel passato, e proprio perché non hanno più un vincolo totalitario, né sacro né di genere».

 

Desiderio e diritto sono due termini di per sé in antitesi ponendosi, uno nell’ambito del sogno, del progetto, dell’intimo e del personale e l’altro, invece nella preoccupazione di dare a ciascuno il suo e di definire e riconoscere regole che diano ordine ai desideri, per tutelare i più deboli ed impedire che si compiano prevaricazioni ed ingiustizie.

 

Al termine di questi pensieri sparsi vorrei aggiungere un’altra riflessione: se una cosa possiamo ricavare di questa faccenda direi che la più essenziale è questa: una famiglia che tiene alla prova del tempo e delle difficoltà è il progetto e il desiderio che i giovani mettono al primo posto nei loro sogni e progetti; tutti i giovani, di qualunque estrazione sociale o orientamento sessuale. È dell’uomo, infatti, la necessità di crescere in un luogo accogliente in cui si sperimentino relazioni buone. Così vorrei leggere anche il desiderio di riconoscimento di una unione tra persone dello stesso sesso. Distinguere la natura di questa formazione, rispetto alla famiglia composta da un uomo e una donna non credo sia discriminatoria, semplicemente perché è un’altra cosa. È bene riconoscerle entrambe perché è bene che ci siano persone che decidano di uscire dall’individualismo e di mettersi in gioco in una relazione affettiva e di amore che, di certo, mette in moto energie positive che sono buone per la società.

 

È necessario, però, tutelare assolutamente i più deboli coinvolti in queste relazioni (i figli) ed essere più coraggiosi di affermare che non tutti i modi di generare un figlio sono rispettosi della sua dignità: la fecondazione eterologa e la maternità surrogata che, in questo momento, interessano nella maggioranza dei casi coppie eterosessuali, sono ingiuste perché privano premeditatamente i figli  della possibilità di conoscere i propri genitori e nel caso della surrogazione, interrompono bruscamente la relazione madre-figlio, indispensabile per lo sviluppo armonico di una personalità equilibrata.

 

So bene quanto le relazioni genitori-figli siano delicatissime e che non basti assicurare il legame di sangue per rendere quella relazione buona, ma so anche che le molteplici tecniche di ingegneria procreativa non fanno il bene del figlio, ma lo rendono una medicina, declassandolo a oggetto per il soddisfacimento del desiderio di genitorialità di un adulto. Questo è ciò di cui bisognerà tener conto nella discussione sulle adozioni che, sappiamo bene solo per una questione di convenienza politica, è stata rimandata.

Vedi anche.

Giuseppe Barbaro. Una legge senza democrazia

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