Miraglia (Arci): Annulliamo gli accordi Italia-Libia!

Pubblichiamo la prima parte dell'intervista all’esponente della storica associazione culturale di sinistra, tra i promotori della grande manifestazione annunciata per questo mese contro la linea di chiusura di Salvini, che contesta anche e scelte del precedente governo a guida Pd

Mentre si riaccende il conflitto in Libia, l’ultimo rapporto del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite denuncia la grave violazione dei diritti umani delle persone migranti affermando che «I colpevoli degli abusi includono funzionari statali, gruppi armati, contrabbandieri, trafficanti e bande criminali».

La precisazione conferma il lavoro di inchiesta portato avanti dal quotidiano Avvenire con prese di posizione sempre più esplicite di critica verso la politica del ministro degli interni Matteo Salvini. Ma una parte del mondo associativo, di estrazione laica e cattolica, aveva già manifestato il proprio dissenso verso la linea del precedente titolare del Viminale, il dem Marco Minniti, e ciò non può non incidere sulla grande manifestazione in preparazione questo mese, dove potrebbero convergere le diverse espressioni della società italiana che si oppongono alle politiche del governo penta-leghista in materia di migranti e richiedenti asilo. Da parte sua il Pd, in attesa della linea politica che uscirà dal prossimo congresso, ha già annunciato una sua specifica manifestazione come partito di opposizione. Delle politiche attuate nei confronti dei migranti ne parliamo con Filippo Miraglia, Arci, storica associazione culturale di sinistra che conta oltre un milione di iscritti in Italia.

Come è cambiata, a vostro parere, la politica sui migranti da Minniti a Salvini?
Sul piano strategico l’approccio è identico: sottrarre diritti indicando questa come unica strada per affrontare le questioni aperte in tema di accoglienza e immigrazione, utilizzando la criminalizzazione dei migranti e di chi cerca di promuoverne i diritti per attrarre consenso. La differenza sta nell’inasprimento delle pratiche e delle politiche, di tutta la macchina del Viminale. E non poteva che essere così, perché Salvini non poteva essere da meno di Minniti. Faccio peraltro presente che Salvini stesso parla più volte di continuità con Minniti. La differenza sta nel consenso, perché è evidente che Salvini è più credibile di Minniti, nonostante la campagna a sostegno di quest’ultimo fatta da tanti giornalisti: l’originale è più credibile della copia e le politiche di sottrazione di Minniti, nonostante siano state pesanti e crudeli (accordo con le milizie libiche, pacchetto Orlando-Minniti, che per la prima volta dal dopoguerra, cancella le garanzie giurisdizionali per una categoria, la più debole della società – i richiedenti asilo -, codice Ong ,…) non possono competere, sul piano del consenso popolare, con il razzismo istituzionale al quale ricorre il capo della Lega.

 Si può fare distinzione tra i campi di detenzione dei migranti esistenti in Libia?
Ci sono campi di detenzione statali, gestiti dalla polizia anti-immigrati, e poi campi gestiti direttamente dalle milizie che controllano il territorio. I primi sono ugualmente gestiti dalle milizie, anche se formalmente sono in mano al governo. In pratica, violenze, sopraffazioni, torture, stupri, omicidi, si praticano in entrambi i tipi di campi, a prescindere se siano visitati o meno dall’UNHCR, per le ispezioni concordate.

Secondo la Lega solo il 7% dei migranti che arrivano in Italia possiede i requisiti del diritto d’asilo. Il resto andrebbe rinviato indietro perché “clandestino”.
La Lega usa strumentalmente dati parziali, facendo riferimento ad un solo tipo di titolo di soggiorno, quello del riconoscimento dello status di rifugiato secondo la convenzione di Ginevra.

E invece?
In Italia, come in molti Paese dell’Unione Europea, esistono 3 tipi di permesso: due sono direttamente discendenti dalle direttive europee, quindi valide in tutti e 28 Paesi dell’Ue (protezione internazionale – rifugiato e protezione sussidiaria). Una tipologia (quella della protezione umanitaria), invece, c’è solo in alcuni Paesi, tra cui anche il nostro, perché recepisce l’articolo 10 della nostra Costituzione. La somma delle 3 tipologie di permesso, ossia di esiti positivi davanti alle Commissioni giudicanti, danno come risultato che 4 richiedenti asilo su 10 ottengono un titolo di soggiorno (40%, non 7%). Il titolo che deriva dalla nostra Costituzione, introdotto con il Testo Unico sull’immigrazione, conosciuto come “motivi umanitari”, è quello che offre meno garanzie ed è forse anche per questo che è quello al quale le commissioni ricorrono di più. Se il permesso di soggiorno per protezione internazionale, rifugiato e sussidiaria, dà diritto a documenti validi 5 anni rinnovabili senza altre condizioni, il permesso per motivi umanitari dura meno (2 anni) e soprattutto porta con sé un pacchetto di garanzie inferiori e può essere facilmente non rinnovato, soprattutto in questo clima di criminalizzazione dei rifugiati. In caso di cancellazione della protezione umanitaria dalla nostra legislazione, è probabile che le commissioni possano ricorrere, per moltissimi casi, alle altre due forme di protezione, più solide e di lunga durata.

(continua)

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