«Noi, con Mimmo Lucano, per una vera integrazione»

Decine di migliaia i partecipanti accorsi a Roma per il corteo contro il razzismo e il decreto sicurezza. Denunciati controlli, identificazioni e perquisizioni ai danni dei dimostranti. Presente anche il sindaco (sospeso) di Riace.

La folla che qualche giorno fa, a Torino, ha riempito piazza Castello per dire sì alla Tav ha oscurato, sui media, quella ugualmente nutrita e motivata che ha sfilato lungo le strade della Capitale. Il corteo antirazzista è partito da piazza della Repubblica ed ha raggiunto San Giovanni, attraversando alcuni dei quartieri più multietnici di Roma. Tra i manifestanti accorsi per dire no al decreto sicurezza promosso dal ministro dell’Interno Matteo Salvini e dal governo, c’era anche Domenico Lucano, sindaco sospeso del Comune di Riace, dal quale si è dovuto allontanare in seguito un provvedimento cautelare (divieto di dimora nella sua città) emesso nell’ambito di una inchiesta ancora in corso della magistratura: un simbolo, per tutti i presenti e non solo, di una politica efficace dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti.

Tanti i visi, i colori e le storie radunati fianco a fianco sotto i cartelli “Uniti contro il razzismo” e, purtroppo, non è mancato un episodio drammatico: la morte, nel corso della marcia, di un uomo di 55 anni proveniente dall’Etiopia, tragica dimostrazione delle condizioni di privazione e sofferenza vissute da tanti immigrati presenti nel nostro Paese.

480 le organizzazioni che hanno partecipato alla marcia, giunte in città da tutta Italia con oltre 100 pullman. Molti, però, hanno denunciato “singolari” fermi e controlli da parte delle forze dell’ordine. Lo ribadisce anche Costanza Boccardi, assessore alle Politiche sociali della X Municipalità del Comune di Napoli, in politica con Altra Europa con Tsipras. «Ho partecipato alla manifestazione – afferma – perché sento forte la necessità di dire una parola contro la deriva razzista di questo governo. Un fatto particolarmente negativo è stato che molti amici, provenienti sia dal Nord che dal Sud, siano stati bloccati e controllati mentre arrivavano con i pullman: dimostrazione che andare a manifestare comporta ormai l’essere considerati potenzialmente nemici. Vorrei sapere se uguale trattamento è stato riservato ai partecipanti della manifestazione “Si Tav”».

La marcia, comunque, commenta l’assessore, «è stata molto bella, ricca di decine di migliaia di presenze, pacifica e centrata sull’uguaglianza e sulla fratellanza. In questo contesto è necessario schierarsi contro un decreto, quale quello “sicurezza”, che tende a criminalizzare lo straniero, soprattutto se povero, e smonta il sistema degli Sprar, l’unico che può aiutare la reale integrazione e sottrarre i migranti alla deportazione nei CAS, che spesso sono vere e proprie prigioni. Questo – sottolinea Boccardi – anche per la nostra sicurezza: un migrante integrato, preso in carico, è molto più interessato a stare in un percorso di legalità e ad operare per mantenere se stesso e i propri familiari con lavori regolari».

corteo-nazionale-contro-il-razzismo-e-il-decreto-sicurezza-foto-ansaLa maggioranza dei migranti presenti in Italia, come emerge dai dati degli uffici governativi, aggiunge, sono bianchi e cristiani (cattolici e ortodossi), mentre quelli provenienti dall’Africa subsahariana sono vittime di tratta o provengono da Paesi in guerra o in cui c’è un disastro economico ed ambientale. La politica attuale, che vuole vedere nei migranti la causa della nostra insicurezza, tace invece sulle cause reali, prima fra tutte la criminalità organizzata e la sua capillare diffusione in tutto il Paese. «Mafie, camorra e ‘ndrangheta sono fortemente purulenti e bisognerebbe chiedersi – afferma l’assessore – quanto il modello Riace disturbi gli interessi ‘ndranghetisti nella gestione dei flussi migratori, intesi sia come manodopera schiavizzata (tipo Rosarno) sia come coordinamento dell’accoglienza sui grandi numeri. Il vero problema è il sistema delle mafie, che utilizza i migranti come manodopera schiavizzata e come piccola delinquenza, mentre un sistema di accoglienza funzionante ridurrebbe la dispersione in rivoli non controllati».

Tra i manifestanti giunti a Roma c’era anche Massimo Mingrino, siciliano di 52 anni. Anche questo funzionario del ministero della Giustizia denuncia i controlli, le identificazioni e le perquisizioni fatte ai partecipanti diretti in pullman al corteo romano. «Mio figlio – racconta – veniva da Padova e viaggiava su un pullman che è stato bloccato. Gli occupanti sono stati fatti scendere, sono stati identificati e perquisiti e sono stati verificati i contenuti degli striscioni che portavano, come se si volesse ostacolare la libera manifestazione del pensiero o creare situazioni di tensione. I partecipanti, però, sono stati invece disciplinatissimi, perché erano ben consapevoli che era importante non creare incidenti ma partecipare in massa alla manifestazione».

Mingrino si è spostato da Catania per partecipare alla manifestazione romana perché «il sistema che si vuole del tutto smantellare è, a mio parere, il più virtuoso in tema di accoglienza dei migranti ed è basato sul funzionamento degli Sprar, le strutture spalmate sul territorio che coinvolgono poche decine di migranti per volta, che consentono in qualche modo la loro integrazione».

Da questo punto di vista, aggiunge, l’esperienza di Riace è emblematica. Invece, il modello di accoglienza che emerge dal decreto è quello dei grossi centri in cui i migranti vengono ammassati, senza distinzioni di etnia o religione, e lasciati senza fare nulla, divenendo preda di caporali che li sfruttano, mentre attendono di conoscere la loro sorte. In Sicilia, del resto, è ben nota, l’esperienza del Cara di Mineo.

cara di Mineo
Cara di Mineo

«Io – racconta – non faccio parte di alcuna associazione di volontariato, sono molto vicino alle posizioni della rete antirazzista che a Catania ha il suo principale rappresentante in Alfonso Di Stefano, che è un caro amico di Domenico Lucano, il sindaco di Riace», che in un paesino della Locride ormai spopolato e preda della n’ndrangheta è stato capace di creare una comunità multietnica vivace e pacifica. «Sono profondamente convinto – spiega Mingrino – che la questione delle migrazioni andrebbe affrontata in modo radicalmente diverso rispetto a quello che propone il decreto Salvini, che mischia insieme, già dal titolo, la questione della sicurezza con quella dell’immigrazione, come se tutti gli immigrati costituissero un problema o mettessero in pericolo i cittadini italiani: questa è la costruzione di una narrazione che conviene alla Lega e al governo, perché nutre il loro consenso elettorale».

La restrizione della concessione dei permessi umanitari, per Mingrino, determinerà un aumento per decine di migliaia di migranti della condizione di irregolarità e clandestinità. In questo modo, aggiunge, «ci troveremo davanti a tantissime persone che non avendo la possibilità di avere documenti validi verranno ricacciati e saranno preda di circuiti illeciti per continuare a sopravvivere. Questo è funzionale alla campagna elettorale della Lega, che ha elaborato uno strumento normativo che nutre la condizione di irregolarità, insicurezza e illiceità che a parole vuole, invece, combattere».

(Ha collaborato Anna Maria Magrelli)

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